Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <87>
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RASSEGNE, DISCUSSIONI E VARIETÀ
LUIGI CASTELLAZZO I
ED I PROCESSI DI MANTOVA DEL 1852-53 ALLA LUCE DI ALCUNI DOCUMENTI INEDITI
Tra vecchie carte di famiglia che andavo riordinando, ho trovato due lunghe lettere di Luigi Castellazzo e diverse lettere che a lui si riferiscono. La tormentata vita di quest'uomo, che a volta a volta fu esecrato come il più turpe dei delatori e fu esaltato come il più calunniato degli eroi, è stata oggetto di polemiche così violente, che il semplice dubbio di poterle risve­gliare mi avrebbe consigliato di lasciare i documenti nelle cartelle in cui si trovavano, se non fosse stato per una frase occorsami sott'occhio scorrendo una di queste lettere.
La lettera è di Jessie White Mario ed è diretta a mia nonna Elena Casari Sacchi; è datata da Firenze 26 Feb., manca l'anno, ma, da alcuni riferimenti che contiene, non può trattarsi che del 1864 o del 1865. Si legge in essa, tra l'altro:
Povero Bigio x) porta sempre il noto tabarro [,] gilet bianco e abito che avrebbe bisogno del riposo della morte, Ha trovato una lezione [;] ma mi pare troppo povero. Se i signori che gettano pietre a lui avessero una decima parte della sua abnegazione VItalia sarebbe meglio che non è.
La frase, nella sua semplicità, mi ha commosso: mi è sembrato di vederlo, povero, perseguitato dalla diffidenza o dall'odio, che egli certamente leg­geva negli sguardi di molti, e che, forse, gli pareva di leggere anche negli sguardi di chi, non conoscendolo, non poteva avere per lui che semplice indif­ferenza; circondato sì dall'affetto e dalla stima di amici devoti, ma sempre timoroso che il tarlo del dubbio potesse finir con l'insinuarsi anche nel loro animo... e mi son detto che quei documenti, pur non costituendo delle prove irrefutabili, atte a cancellare tutte le colpe che gli erano attribuite, non avevo diritto di lasciarli ignorati; dovevo renderli di pubblica ragione, perchè, assieme a tanti altri, potessero valere a ricostruire la storia di quest'uomo, nelle sue sofferenze, nei suoi eroismi, nelle sue debolezze, poiché debolezze, dorante i processi di Belfiore, egli stesso riconosceva,3' e riconoscerà nella prima delle sue lettere che qui pubblichiamo, di averne avute.
Comincio dalle due lettere del Castellazzo, per passare poi alle altre (o, meglio, ai brani, che troppo lungo e superfluo sarebbe trascriverle per intero) che a lui si riferiscono.
La prima si trovava fra le carte di mio nonno Achille Sacchi; è scritta su carta da lettere, ma, più che una lettera, è, come dice la stessa intestazione appostavi dal Castellazzo, un
1) Luigi Castellazzo èra correntemente chiamato dagli amici Bigio.
2) Lettera del CasteDazzo all'Acerbi, pubblicata da A. Luzio, I Martiri di Belfiore e il loro proctisOf Umano, Coglimi, 1905, voi. 1, p. 147.