Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <89>
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Luigi Castellazzo ed i processi di Mantova del 1852-53 89
conosciuto la cifra, per mantenere il punto sul quale io avevo tanto insistito negando. Allora l'Auditore mi lesse più di otto o nove deposizioni diverse di coaccusati e mi fece dare l'occorrente per istendere la mia confessione* Io la stesi procurando di attenuare la responsabilità altrui, di rimediare a certi imprudenti asserzioni e di tirar giù di strada il giudice meglio che per me si poteva non risparmiando me, curante solo degli altri. Restituito alla carcere e curato alla meglio, ebbi pochi giorni dopo per compagno il Luigi Binda di Cremona cugino al combattente di Roma. Egli vide lo stato del mio corpo e pud dar conto del-Vepoca. I ravvicinamenti di date possono condurre alla verità che stabilisce appunto gli arresti di moltissimi fra i complici arrestati per la lettura della cifra Tozzoli, 15 giorni prima della tortura inflittami e della susseguente mia confessione, F. [Fernelli] poi B. [Bosio] potrebbero palesando questo fatto e la data del giorno nel quale vennero trasportati a San Domenico per essere confrontati con me negativo, ampiamente sdebitarmi di quest'atroce calunnia. Dopo la mia confes­sione mi si lasciò molto tempo quieto, testimonio il Binda, mio compagno di carcere, quando avendo le deposizioni degli altri accusati accumulati altri fatti gravissimi a mio carico, dovetti risponderne, e allora conobbi che i miei coaccu­sati mi avevano preso pel loro capro espiatorio. Ad onta di ciò persistei nel atte­nuare più che fosse possibile gli ultimi carichi e tentai persino di dare alla cospira­zione l'aspetto di un tentativo avente a scopo l'ottenimento di una costituzione austriaca. Ciò non mi venne fatto atteso le strane proporzioni che qualche altro coaccusato, anche fra i principali, piacevasi a dare alla cosa, tanto che alcuno non richiesto parlò persino di attentato all'imperatore e di mille cose più immagi­narie, dirò, che reali. Fra questi il C. [Cartai] che è fra i morti. L) In questa lotta passarono dei mesi e il processo fattasi un pò giustizia di tante esagerazioni riprendeva un più benigno andamento, quando una confidenza d'imprudente dello S. [Speri] ad un suo compagno ai carcere implicò l'affare colla denuncia dello sciagurato progetto d'assassinio del Rossi, e coli'affare dei fucili Semenza. Il compagno dello S. [Speri] al quale questi aveva fatta la fatai confidenza mentre intendeva quasi difendermi contro Poltro che malignamente come era suo compito insinuava ch'io aveva detto tutto quello che sapeva dicendo l'S. [Speri] che se fosse ciò vero nessuno di noi avrebbe conservato la testa e che se avessi parlato dell'affare Rossi e della Filanda Semenza, sarebbero stati guai seri, denunciò la cosa.2) Lo S. [Speri] fu messo allora ai ferri e colla solita tattica l'Auditore gli disse ch'io gli avevo detto tutto etc. etc. L'S. [Speri] cadde nell'agguato e confessò. Io venni chiamalo a render conto di fatto sì grave. Binda può dire il mio stupore e la mia disperazione quando rientrai nel carcere narrandogli esser palese ora mai tal cosa che non ci rimaneva speranza alcuna di salvarci. Fui lasciato così qualche giorno. Chiamato nuovamente trovai l'Auditore mitissimo a mio riguardo; mi lesse la deposizione di S. [Speri] di P. [Poma] e mi fece confermare l'esposto assicurandomi stessi di buon animo che io avevo sofferto abbastanza e che non mi avrebbe fatto altro. D'allora in poi l'Auditore mi si mostrò sempre benigno, sorrìdente, favorevole, mostrando d'accettare con favore le mie discolpe in prò degli altri, le retificazioni, e promettendomi che le cose, né per me, nò per gli
1) La responsabilità del Canal venne indicata anche dallo Speti in una lettera a G. Acerbi
del 29 gennaio 1853.
2) Allusione evidente al laccioli.