Rassegna storica del Risorgimento
1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
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Bono Simonetta
altri coaccusati avrebbero avuto piega sinistra. Qual'era il movente di questa nuova e strana condotta? Il conobbi quando seppi dal povero M. [Montanari?] e da altri quale strazio si andasse facendo del mio nome nelle prigioni e come il custode Casati* il commissario Rossi, l'Auditore stesso, e in modo poi specialissimo quei coaccusati che avevano fatto tanto male nel processo, tutti facevano a gara neWinsinuare ai prigionieri confessassero tutto avendo io già tutto palesato. Devo io dirlo? Pochi eccettuati, tutti bevettero a tal menzognera fonte e tutti facevano a chi primo confessa per non esser da altrui preceduto, bestemmiando intanto il mio nome, il quale correva già infamato per la città per le relazioni che ciascuno più o meno aveva col di fuori. Fra i propagatori di sìfatte voci era il D. che compromesso, nominato mille volte nel processo, detentore di carte importanti, che mai non restituì e che furono certamente consegnate all' Auditore, eppure non venne mai arrestato, ma bazzicava liberamente per le prigioni, vedeva VAuditore e il Casati e fingeva coi cittadini di farlo a fin di prestare servizio ai Prigionieri, servizi ch'egli prestava loro in fotti, ma con quel perfido scopo.
Solo era la condotta di questo D. che cognato della donna amica ed Tozzoli e confidente del medesimo deve senza dubbio aver giuocata la parte del Giuda, da lui e non da altri dovendo esser stata spiegata la cifra.
I Mantovani che conoscono il D. capace di questo ne sono già per due terzi persuasi. Confronti durante il processo ebbi col Lazzati di Milano nel quale tentai di sgravarlo in modo che l'Auditore mi disse che se la cosa andava più innanzi io avrei dimostrato del tutto innocente il Lazzati. Egli può dirlo.
Altro confronto ebbi col Rossetti di Lodi nel quale constatai che recatomi da lui come aveva confessato S. [Speri?] io aveva però parlato di cose indifferenti e che lasciatolo solo colf Acerbi era andato col Grioli a spasso per Lodi. Il Rossetti può dirlo, e anzi fu il primo a dire nel 1859 all'Acerbi che egli mi avrebbe stretta di tutto cuore la mano.
Non mi rammento se avessi confronto anche col Semenza, ma mi pare. L'imprudenza di S. [Speri] e la cattiveria del suo compagno di carcere lo avevano compromesso, io dovetti rispondere categoricamente alle fattemi domande attenuando per quanto potei [,] come sempre fu mio pensiero [,] quello che potesse riuscirgli a carico.
Dopo di questo venne la terribile catastrofe. Io mi attendevo la sorte dei miei amici, quando alcuni giorni prima della famosa amnistia, chiamato dall'Auditore ne ebbi la confidenza ch'io sarei rilasciato libero. Ne avvisai il Mori che stava con me nello stesso carcere e attendevamo ambedue. L'amnistia venne. Uscii. A poco a poco conobbi la terribile posizione che questi uomini mi avevano fatta A poco a poco compresi perchè mi avevano risparmiato. Vidi gli amici fuggirmi, non tenermi calcolo ne della sofferta tortura nò dei tentativi fatti per riparare alla meglio alle imperversanti cose. La debolezza della confessione strappatami con tanta perfidia meritava tanta punizione? E come allora spiegare la tolleranza per gli altri che avevano pure molte maggiori debolezze commesso? Interrogai meglio Vopinione e vidi die io era vittima di un atroce calunnia e che mi si attribuiva colla spiegazione della cifra Tozzoli la colpa di tutto. Forte della mia coscienza attesi dall'avvenire la giustificazione e mi preparai collo studio e col-Pattività ai fatti ch'io prevedeva. La solitudine mi piacque, vissi isolato, solitario, odiato ma non odiando, e compiangendo gl'ingannati.
L'Austriaco governo mi credeva maturo pei suoi progetti, mi tentò più volte, respinsi le insinuazioni* nel 1858 mi stimolò sfacciatamente ad un patto infame