Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <92>
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Bono Simonetta
dopo i fatti di Milano e Vattentato del Libeny, amnistia, che mi fu comune con cinquanta e pih patrioti Italiani, io trovava già contro di me indisposta V opini on e di parecchi cittadini, pih o meno attenenti atte famiglie dei condannati politici, e ciò per effetto dei misteri tortuosi della procedura Austriaca, che aveva fatto di me il capro espiatorio di tutte le iniquità di Asdraelo.
Accortomi fin dal principio di questa piccola guerra, che mi veniva mossa, più o meno sordamente, non me ne feci caso, forte della mia intemerata coscienza e fiducioso che il tempo avrebbe fatto ragione piena delle accuse e degli accusatori. Allora pensai a compiere i miei studi e ottenere gli esami e la licenza di laurea, interrotti dal malaugurato processo, e, confortato dalla stima ed amicizia degli Amici assenti e presenti, i quali non si smentirono mai a mio riguardo, compresi a ragion d'onore l'Acerbi, il Sacchi, il Borchetta, il Grioli ed altri ed altri, proseguii, non badando alle insinuazioni maligne, che contro di me solle­vavano la pubblica opinione del Paese.
Così procedettero le cose per parecchio tempo, poi, vedendo che la calunnia prendeva piede, favorita dalle scerete mene del governo austriaco e dalla solita credulità popolare, esaminai nel mio intimo pensiero, appoggialo dal consiglio de1 miei amici, se non fosse il caso di prender la via deWesiglio e di pubblicare per esteso la relazione dettagliata della congiura e del processo di Mantova.
Gli Amici me ne dissuasero per ragioni che io ho saputo fin d'allora, e so anche adesso apprezzare.
Non mi restava quindi altro da fare che prepararmi alla lotta futura e mi ci preparai infatti con lo studio dell'arte militare, della storia e di tutto ciò che poteva rendermi forte e sicuro di rendere al Paese, quando che fosse, i servigi migliori.
Venne la guerra in Crimea.
Io afferrai l'occasione per interpellare i miei amici se non fosse il tempo di farla finita e di andare volontario a prender parte a quel primo fatto di risor­gimento nazionale, spendendo la vita per una causa che io presentiva già di gran­de preparazione per il risorgimento Italiano.
Gli Amici dissentirono e, per le difidenze naturali pel governo del Due Dicembre, dissero, esplicitamente, che questa mia determinazione poteva prender l'aspetto di un disperato consiglio di uomo, che cercasse la morte per farsi perdo­nare un passato, che non avesse nessuna ragione di essere acredi tato a mio conto. Obbedii, mal volentieri, ma obbedii perchè era in me altissimo il senso del mio diritto disconosciuto e della mia coscienza tranquilla e non volli che si suppo­nesse, nemmeno, che io ne avessi dubitato un istante.
Più tardi la calunnia, continuando le sue solite vie tortuose ma purtroppo sempre raggiungenti lo scopo, permisero al Governo dell'Austria di tentare verso di me l'ultima delle ignominie. Fu allora che mi vennero fatte prof erte dai più alti locati del governo austriaco in Mantova importanti missioni nella diplomazia palese o secreta del governo
Respinsi queste proposte col dovuto orrore e disprezzo e mi giova il dire che ne ebbi dallo stesso Governatore di Mantova Tenente Maresciallo Culoz una stretta di mano di encomio, che io non posso e non potrò mai dimenticare. Allora pensai recisamente di abbandonare la famiglia ed emigrare in Piemonte, dove già si venì/òano preparando i futuri destini d'Italia.
Partii e, accolto dai miei amici, che dimoravano già preventivamente a Torino ed a Genova, ripetei loro la mia vecchia proposta se non fosse il caso