Rassegna storica del Risorgimento
1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno
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1956
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pagina
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95
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Luigi Castellazzo ed i procèssi di Mantova del 1852-53 95
L'individuo, che aveva avuto la parte principale in attesta tragedia, chiamato da me e dai miei amici più- autorevoli alla nuova decisiva prova di un'ultimo Giury d'Onore vi si rifiutava, dicendo di appellarsi al giudizio del Parlamento
Questo gli riusci sfavorevole ed egli diede la sua dimissione da Deputato con dignità che sarebbe stata plausibile se non fosse stata accattata.
Chiamato, dopo, dai miei Amici alla costituzione di un altro giury d'onore, nel quale gli fosse dato di esporre tutte le sue accuse e se ne avesse avuto le prove, rifìutavasi nuovamente, dicendo che egli si faceva forte della sua coscienza e non intendeva di rispondere della sua persona a nessuno.
E dopo tutto questo che cosa si poteva fare ?
La cosa più logica e conseguente sarebbe stata quella di non curarsi del calunniatore e delie calunnie e di continuare nella mia via, imperterrito e sicuro detta mia coscienza d'uomo e di patriota.
Altro mezzo sarebbe stato quello di scrivere francamente e liberamente la storia della congiura e del processo di Mantova, mettendo tutti al loro posto e morti e viventi e facendo piena ed inesorata giustizia.
L'altro partito a cui credo doveroso di attenermi si è quello di rivolgermi ad uomini seni, coscienziosi e provati dottissimi, di uomini, che hanno dato la loro opera e il loro nome ai lavori più- coscienziosi e più imparziali della storia italiana e di affidarmi al loro ultimo verdetto, il quale sarà per me quello che troncherà ogni questione su questa pagina dolorosa di storia contemporanea.
La prima delle tre soluzioni sarebbe di certo la pia rigorosamente logica dopo i replicati verdetti, dopo la polemica trionfale della stampa a me favorevole contro Tawersaria e dopo le inqualificabili ritirate dai nuovi Giury proferii, al mio principale accusatore.
Però siccome non tutti in Italia leggono i giornali delle due parti contendenti, o U leggono a caso, o li leggono male, così volendo,pure, dare un'ultima soddisfazione alVopinione pubblica per ora intendo di rinunciarvi.
La seconda delle soluzioni per me facile, sicura e decorosissima avrebbe anche il vantaggio di lumeggiare, in modo splendidissimo, una pagina ancora molto ignorata del martirologio nazionale, di dimostrare come le popolazioni del Lombardo-Veneto si accordassero unanimi e senza distinzione di partito al gran concetto di cacciar lo straniero e di far libera ed una VItalia e di provare come la cospirazione di Mantova non si restringesse, come ci si volle far crederei a veletta di ipotetiche e cervelotìche somosse, ma fosse anche potente ai mezzi e sapientemente e arditamente condotta da costituire uno dei pia grandi pericoli, che incoresse da anni ed anni il dominio straniero in Italia. La narazione genuina e particolareggiata dei sucessivi fatti del processo, facendo un terribile e documentato commento alle parole gravi e vendicatrici dello storico Zini e mostrando quali violenze scellerate, quali perfidi inganni ed inominabili arbitrii fossero le armi dei sedicenti giudici austriaci, rieciterebbero nei cuori degli Italiani quel santo abominio del papato, che ora ci si vorrebbe fare troppo facilmente perdonare e, ciò che poi dovrebbe parere impossibile, dimenticare.
Ma se questi sarebbero i vantaggi di un'esposizione chiara e fedele di quelli avvenimenti fortunosi un grave pensiero, però, ha rattenuto, raUiene e rutterà sempre la penna del patriotta, il quale sarà per sopportare tutto, piuttosto che correr il rischio di scoperchiar certe tombe, di sfrondare certe corone e di sfatare in parte una leggenda, alla quale dobbiamo una gran parte della nostra indipendenza conquistata e dell'unità nazionale.