Rassegna storica del Risorgimento
1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
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1956
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Bono Simonetta
Che se lo spirito era pronto nella maggior parte di coloro che affrontarono intrepidi le forche e le galere dell'Austria, la carne in motti e molti fu inferma, né, all'ardimento del pensiero, rispose nei più la fermezza della perseverante esecuzione. In alcuni, poi, che converrebbe purtroppo citare, la demenza della paura aveva tolto persino il senso morale precipitandoli alla bassezza ed alla colpa*
Né si potrebbe tacere, né degli uni, nò degli altri, dacché Vingranaggio dei fatti e delle prove dei fatti gli ritrarrebbero davanti al severo giudizio della storia e ne verrebbero perturbate le coscienze di alcuni e le memorie sacre famigliari di altri.
Resta Vultima soluzione al quesito e questa accetto, siccome quella che, ampiamente scagionando me stesso, davanti alla responsabilità della storia, lascia tutto e tutti al suo posto e mantiene solido sulle sue basi vi monumento eretto dagli Italiani ai martiri di Belfiore.
Fedele a questo proposito io fra i documenti e le prove che posseggo, o che piuttosto sono depositate nelle mani di voi, o amici carissimi, non ho da sciegliere e da citare che quelli che recisamente mi liberano anzitutto dalla taccia storica, che per informazioni manchevoli, precipitate e inconsulte ebbe a cadere immeritatamente sul mio nome.
E prima, anzi si può dire unica, che il Boggio, il Canth, lo Zini e qualche altro raccolsero, quella di avere, io segretario del Comitato insurrezionale di Mantova, rivelato, sotto i tormenti del bastone, la cifra, che consegnava all'Austria i nomi dei congiurati.
I documenti proveranno come io non rivelassi la cifra perchè proveranno, che, quando m'indussi a confessare, sotto la tortura del bastone, gli arresti di tutti i cospiratori, i cui nomi stavano segnati nel cifrario, erano già fatti da dieci a dodici giorni in avanti.
Bastonato per tre giorni consecutivi il 18, il 19 e il 20 di giugno io non confessai che al 21 e gli ultimi arresti erano stati fatti al 16 di quel mese.*)"
Questo comprova la lettera di Giovanni Ver goni (n. I) il quale arrestato e messo nella mia cella parecchi giorni dopo il 21, ebbe insieme con Luigi Binda, disgraziatamente ora morto, a curarmi e potè e per sé stesso e per le rivelazioni del Binda venuto nella mia carcere due giorni dopo il 21, e per le parole dello stesso sergente profosso e per quelle del medico militare curante, prendere cognizione del come e del quando, fossero passate le cose.
Gito poi, come documenti le stesse lettera del Tozzoli, nella prima delle quali inserita nella biografia scritta amorosamente dal Cantò non dice altro che a quanto si dice il segretario avrebbe confessato la cifra.
Cito poi la lettera del Tozzoli stesso (n. 2) scagionante il Castellazzo di aver rivelato la cifra.
E cito finalmente quella del Tozzoli al Dobelli, posseduta oggi dall'amico Cavallotti, nella quale vi si accenna ben altra persona e non si fa alcuna parola di me.
Siccome poi al mio principale accusatore venne la pazza idea di negare anche la inflittami tortura del bastone, adducendo per prova il codice Teresiano da lui interpretato a suo modo, io cito in proposito la lettera Nerli (n. 5) e richiamo la lettera esplicita di Giovanni Ver goni (n. 1).
1) In realtà il 16 giugno venne fatto il maggior numero di arresti, ma si trattava dei primi arresti dopo la comunicazione da Vienna della dira spiegata, non dogli ultimi: gli arresti continuarono, sporadici, anche nei giorni successivi