Rassegna storica del Risorgimento
1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno
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1956
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pagina
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109
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Luigi Casteltazzo ed i processi di Mantova dal 1852-53 109
degno di tentare , e la chi usa triste e sconsolata per me nulla importa. I miei diletti sono morti; tutti, e ho 73 anni; così posso sperare di non penare più molto. Quel che e male è che mentre non sento più. gioja alcuna, amo i miei morti colla stessa passione che sentiva per essi vivi.
U gruppo di lettere del '905-6, infine, è scritto subito dopo la pubblica* zioue dell'opera del Luzio sui martiri di Belfiore, opera in cui l'autore, pur cercando di apparire giudice sereno ed obiettivo nella disputa attorno alle accuse che gravavano sul Castellazzo, aveva fatto del suo meglio, come già nella polemica giornalistica dell'84 e come farà ancor più in seguito, per schiacciare il Castellazzo sotto il cumulo delle accuse più infamanti, senza preoccuparsi molto di separare quelle vere da quelle semplicemente verosimili da quelle del tutto false.
Di questo gruppo di lettere, le prime portano importanti elementi a conferma della bastonatura sofferta dal Castellazzo e dell'influenza che doveva indubbiamente aver esercitato il padre sull'animo del figlio per piegarlo alla confessione; le ultime sono tutte trepidanti per i documenti che la Mario aveva avuta la costanza di andar a ricercare tra le carte ancora in possesso della vedova Castellazzo, oi dicono l'uso che essa intendeva farne e la sua angoscia nel rendersi conto che la morte ormai prossima le avrebbe impedito di compir l'opera che forse più di ogni altra le sarebbe stata a cuore. Un mese più tardi, di fatti, la morte troncava l'indomita attività che questa donna aveva tutta dedicata al risorgimento d'Italia. Una, infine, ci dà la spiegazione che Giuseppe Quinta valle, compagno di cella di Carlo Poma, dava sul modo come il complotto per l'uccisione del Rossi egli riteneva fosse arrivato all'orecchio dell'auditore.
Tutto il gruppetto dei documenti che abbiamo raccolto e qui pubblichiamo ha forse perduta parte del suo valore dopo che i documenti ufficiali relativi ai processi del *52-'53, gelosamente custoditi nel più assoluto segreto dall'Austria, sono stati restituiti a Mantova nel '19. Ma ne conserva ancora molta, sia per le riserve che abbiamo visto si devono fare sulla completa attendibilità dei documenti ufficiali, sia perchè questi non sono ancora stati pubblicati per intero, e la piccola parte finora nota si può dire comprenda quasi esclusivamente frammenti di deposizioni scelti fra quelli che suonano sfavorevoli al Castellazzo. Anzi, come vedremo in seguito, si potrebbe dire che, sotto certi punti di vista, essi acquistano oggi maggior valore di quanto potessero avere prima del 1919. Fino a tale epoca, infatti, mancava qualsiasi prova indiscutibile dell'innocenza del Castellazzo nella rivelazione del registro Tazzoli, e, di fronte a tale accusa alla quale quasi tutti avevano prestato fede, tutte le altee non solamente passavano in secondo piano, ma divenivano anche facilmente credibili. Documentata falsa tale accusa dagli stessi atti del processo, restituiti dall'Austria nel '19, diviene più giustificato e più agevole discutere le altre.
L'analisi di tali documenti ci porta ine vitali il mente ad addentrarci nella vexata quaestio delle colpo reali o presunte del Castellazzo.
Se noi prendiamo in considerazione quelle che gli vennero attribuite già durante e subito dopo il processo: quelle che ancora ncll'84 gli rinnovava il Finzi, dobbiamo oggi riconoscere, senza possibilità di dubbio, che esse erano
quasi tutte false.
La prima, anzi la principale accusa che gli era stata mossa fin da principio, che per oltre mezzo secolo verrà infaticabilmente ripetuta, e dal Castel-