Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <110>
immagine non disponibile

110
Bono Simonetta
lazzo invano ripetutamente smentita fino alla morte, era quella di aver lai rivelato la cifra del famoso registro Tazzoli. Persino il Quintavalle, che pur non prestava fede alle altre accuse ohe gravavano sul Castellazzo, era convinto che la cifra fosse stata rivelata da lui; anzi riteneva che la lettura del registro doveva esser stata per lui una necessità nelle singolari condizioni in cui si trovava. Bisogna realmente riconoscere che, accusato fin dall'inizio dalla Marchi di essere l'unico (con l'Acerbi, che, essendo ormai fuori del Lombardo-Veneto, era per gli Austriaci come non esistesse) in grado di leggere la cifra, esplicitamente accusato da diversi coimputati (egli stesso, nel suo pro­memoria ce ne indica almeno cinque: Bosio, Zaiiucchi, Fernelli, Gerola ed un altro di cui non ricorda il nome),1) bisogna riconoscere, dicevamo, che era quasi sovrumano il conservare il segreto. Né si deve dimenticare che il Castel-lazzo, nato il 29 settembre 1827 e arrestato il 22 aprile '52, all'epoca dei suoi primi interrogatori non aveva ancora 25 anni: era poco più che un ragazzo ! Con tutto questo, sappiamo oggi con certezza che le sue dichiarazioni di non aver mai rivelato la cifra erano perfettamente vere: egli non l'ha rivelata, pur nella tremenda posizione in cui si trovava; e la cifra è stata interpretata a Vienna, come lo stesso auditore aveva esplicitamente dichiarato al Castel-lazzo (v. il<t pro-memoria), e come nessuno a quell'epoca (persino lo stesso Castellazzo !) aveva voluto credere.
E veramente un fenomeno curioso quello verificatosi a questo proposito fra tutti i congiurati, e, di riflesso, tra i loro familiari e nell'intera opinione pubblica. Evidentemente la cifra doveva essere da tutti giudicata assoluta­mente illeggibile per chiunque non ne fosse stato al corrente, e da tutti si riteneva quindi necessaria la presenza di un delatore. Per tutti il delatore era il Castellazzo; per lui, che naturalmente si sapeva innocente, il delatore doveva essere il D... Non sarebbe difficile, sotto questa iniziale e eon gli elementi for­niti dal pròmemoria del Castellazzo, identificare questo D.; ma vai meglio non farlo, per non rievocare inutilmente il nome di un altro innocente, su cui gravarono degli ingiusti sospetti.
Nonostante la giovane età, nonostante le ire e le minacele dell'auditore, nonostante le accuse dei coimputati, il Castellazzo da principio non confessa niente, né fatti, né nomi; egli crollerà solo dopo due mesi di resistenza, il 21 di giugno, dopo di essere stato anche bastonato, forse drogato, e dopo di essersi visto perduto dalla decifrazione dei registro Tazzoli, in cui il suo nome figurava quasi ad ogni pagina.
Pare incredibile che, in questo improvviso crollo, ci si sia voluti spingere fino a vedere una sconcia, concertata mistificazione trai'auditore e l'impu­tato; eppure sono queste le parole usate dal Luzio.2) Mistificazione a vantag­gio di chi, dal momento che i costituti erano destinati a rimanere segreti, e Io sarebbero sempre rimasti, se l'Austria non avesse fatta, e perduta, la guerra del *14-18?
1) Quando dichiarava dopo molti anni il Fornelli proprio al Lezio (J Martiri cit., voL I, p. 146) BÌ era incalzati dallo domando o dalle minaccio dell'Auditore, troppi rispon­devano: ma andato dal Catitellazzo ohe sa tutto.
CaBtcllazzi oonfisMÒ dopo over avuta la lettura dello dèpotiziom di tanti contro di lui (lettera del Tazzoli all'Acerbi, 25 11 mezzodì).
2) I procuri politici cit. p. 20.