Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <123>
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Luigi Casteltazzo od i processi di Mantova del 1852-53 123
viene innanzi, e vi dice; Duemila elettori mi mandano a voi: sulla mia parola di soldato (e la parola di soldato pare che possa dirla., neovero ?) la mia coscienza è serena e sicura. Le accuse di oggi sono le accuse di ieri: non una di pia, non una di meno. Tre tribunali, dì cw due pubblici, le hanno esaminate, la hanno dichia-rate insussistenti e calunniose; e sì, che i documenti di difesa non c'erano, allora, neppur tutti... Non vi bastano tre tribunali ? Vi è un odio che mi persegua, mag­giore che contro ogni altro ? Si faccia per me quello che non si è fatto per alcun altro; e di tribunali nominatene un quarto, e abbia autorità di rivedere tutto quello che gli altri hanno fatto; e riassuma in esame i verdetti di tutti e tre, siano pure stati quei primi giudici integerrimi, severi, superiori a ogni sospetto; siano pure stati scelti in concorso della stessa parte accusatrice che poi rifiutò assog­gettar visi. Ho qui i documenti, le prove, i testimoni; non tutti questi ultimi rico­pre la terra; ed alle accuse dalle tombe rispondono per me anche le tombe.
Se i documenti qui riferiti, e l'analisi obiettiva e spassionata di quelli già noti varranno ad indurre nel lettore la convinzione che il nome di Luigi Castellazzo, lungi dal meritare l'infamia di cui si è voluto circondarlo, merita nonostante le debolezze che egli potè un giorno commettere, di essere ricordato e rispettato non soltanto per quanto egli ha fatto per il nostro paese, ma anche per tutto quello che ha sofferto, questa rievocazione non sarà stata vana.
E non sarà stata vana non solo per la memoria del Castellazzo, ma anche per quella di colei che durante 45 anni fu, contro tutto e contro tutti, la sua paladina; di colei che, gravemente malata e sentendo ormai prossima la morte, non se ne lamentava e non la temeva, ma esprimeva un unico desiderio: non vorrei andarmene senza aver compiuto il dover mio a quel eroe martire; di colei che, temendo di non potervi arrivare, lasciava questo incarico a mio padre, raccomandandosi bada Castellazzo chiarito martire e eroe, non riabi­litato, non uomo colpevole che ha espiato la colpa ! Si compiono ora 50 anni dalla morte di Jessie White Mario, e la pubblicazione di questo gruppo di documenti è anche un tributo offerto alla sua memoria.
Alla morte della Mario mio padre nulla potè fare: per quanto egli avesse fede nell'innocenza del Castellazzo, le affermazioni di questi non potevano costituire, da sole, una prova. Sarebbe stato necessario, anzi tutto, poter dimo­strare che il registro Tazzoli non era stato da lui decifrato, rivelando il nome del delatore (quel nome attorno al quale tanto almanaccava la Mario), oppure dimostrando che la decifrazione era stata effettivamente opera della polizia austrìaca. Ma quel nome nessuno lo poteva rivelare, perchè il delatore non era esistito; e la documentazione che la decifrazione era avvenuta a Vienna apparve solo nel 1919. Fatto questo primo passo, gli altri sarebbero venuti da sé; ma, tra il 1906 ed il '19, questo passo era impossibile, e mio padre non poteva compierlo. Perchè non l'abbia compiuto dopo non so, forse cominciava a sentirsi ormai troppo vecchio egli pure; o forse, tra le tante carte di casa, quanto gli aveva lasciato la Mario era andato nel frattempo smarrito. E toc­cato a me in sorte di ritrovarne almeno una parte, e, da docente di medicina, mi sono per un momento metamorfosato in cultore di storia, per fare io quello
che, molto meglio di me, egli avrebbe fatto.
BONO SIMONETTA