Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <135>
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Libri e periodici 135
londinese son date le poche varianti della zurighese e le molte del 1802. In appen­dice son riportate: la continuazione dell'Ortis dovuta al Sassoli, la Notizia biblio­grafica, con richiami all'edizione del 1817, che il Foscolo fece seguire all'Ortis del '16 (in gran parte fantastica, ma interessante anche ora, tra l'altro, per l'acu­tezza dei giudizi da lui espressi sul suo romanzo in confronto con quello del Goethe); la Notizia premessa all'edizione londinese; la lettera al Goethe con cui egli accompagnò l'esemplare dell'Ortis nell'edizione Mainardi del 1801; il fram­mento di una lettera indicizzata probabilmente nel 1803 a un dotto di Weimar; la lettera al diplomatico berlinese J. S. Bariholdy, ove è ribadita con nuovi argo­menti l'originalità del primo Ortis, e la breve lettere a Samuele Rogers, premessa a soli 12 esemplari della londinese.
Precede il bel volume, adorno di numerose riproduzioni, assai nitide, tratte dalle edizioni più rare, una dottissima introduzione di ben 84 fitte pagine, che non è soltanto, come troppo modestamente dichiara il Gambarin, una storia esteriore dell'opera: per la serietà scrupolosa dell'indagine biografica e per alcune felici illuminazioni, essa rappresenta un prezioso contributo ad una più precisa conoscenza dell'animo e dei mutamenti spirituali del poeta. Tra l'altro, vi son risolte in modo che si può con certezza dir definitivo, molte questioni ancora aperte, anche se già vivamente discusse, circa la genesi e le successive trasformazioni dell'Ortis. Poiché mette conto, riferirò qui le risultanze più sicure cui è pervenuto il Gambarin dopo lunghe pazienti ricerche e vi farò seguire di mano in mano alcune mie considerazioni critiche.
È ormai opinione generale degli studiosi che l'Ortis sì sia venuto formando su di un primo abbozzo (Laura-lettere) attorno a cui avrebbe lavorato il giovane Foscolo tra il vagheggiamento per la bellissima Teresa Monti Pichler e il suicido di Girolamo Ortis; anzi, come è ben noto, il Rossi credette di poter ricostruirne la trama mediante un raffronto delle redazioni del romanzo. Il Gambarin, senza addentrarsi minutamente in una discussione che lo porterebbe al di là del limite prefissosi per il suo studio, basandosi su di un attento esame delle lettere del Foscolo agli amici nlel triennio 1795-97, le quali valgono a chiarire quale fosse in quel tempo la disposizion d'animo dello scrittore, ritiene che debba l'abbozzo collocarsi nei primi mesi e nell'estate del '96, cioè nei mesi di maggiore depres­sione fisica e psichica, trascorsi a Venezia e poi ai colli Euganei dove si era lasciato persuadere a recarsi per trovar sollievo ai suoi incubi morali e al cattivo stato di salute e anche, forse, per distrarre la vigilanza del governo per le sue idee politiche; ma non crede assolutamente (e ne dà plausibili ragioni) che si possa vedere, proprio nell'Ortis milanese, un più fedele ritorno al proto-Ortis. Da esso derivò indubbiamente il Foscolo, per ài primo Ortis, il bolognese, motivi e scene che rispondevano alla natura ancora malinconica e spesso tetra del perso­naggio nuovo, benché sia vana impresa cercare di determinarli, mentre è da tenere presente soprattutto che il primo Ortis fu opera di più larga ispirazione, con nuovi fermenti determinati da una più ricca esperienza di vita e di pensiero.
Sulla data precisa della Bua composizione o ricomposizione non si ha alcuna notizia; ma nulla peraltro vieta di supporre, a detta del Gambarin, che il Foscolo già vi attendesse a Milano, forse nei primi mesi del 1798. Da scartarsi invece del tutto è la ipotesi, accettata da molti studiosi, che entro l'anno VOrtis fosse con­chiuso e l'argomento completamente esaurito, sicché la continuazione per opera del Sassoli si dovrebbe ad un ingiustificato arbitrio del Marsigli. È vero che nella sua Notizia bibliografica il Foscolo ricorda che nei primi del '98, irritato continuamente dalle miserie della sua patria, lasciò correre alcuni di quei fram­menti (cioè del suo nuovo romanzo) che riguardavano lo stato d'Italia a una gazzetta che venne tre o quattro mesi dopo proibito, ossia il Monitore italiano, durato dal 20 gennaio al 13 aprile del '98; ma il diligente raffronto del Gambarin tra il romanzo e il giornale non dà neppure una frase che possa dirsi passata