Rassegna storica del Risorgimento
1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno
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1956
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pagina
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139
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Libri e periodici 139
Una nuova edizione curò il Foscolo del suo Ortis nell'esilio svizzero, a Zurigo, nel 1816, con i torchi della tipografia Orell, FUBSIÌ e C1. Essa nacque dal proposito d'includervi almeno qualche idea fondamentale dei discorsi Della servitù d'Italia, che non aveva potuto pubblicare in patria e a cui dovette rinunziare anche in Isvizzcra per le forti proteste che ne avrebbe fatte la polizia austriaca, la quale andava sorvegliando il soggiorno dell'esule. Ciò spiega perchè l'edizione, la cui stampa procedette piuttosto lentamente, porti la data falsa del 1814: si doveva credere che essa fosse stata stampata quando l'autore era ancora in patria. Il volume, uscito solo nei primi dell'agosto, in veste abbastanza elegante, con caratteri minuti e chiari, è, a giudizio del Gambarin, alquanto scorretta-; il che è dovuto alla scarsa conoscenza della lingua da parte dei compositori. Al testo fanno seguito, in carattere più minuto, le 112 pagine della Notizia bibliografica .
Nella redazione zurighese più stridenti che nelle redazioni precedenti, di cui ci siamo occupati, son le incongruenze etico-politiche, variamente interpretate dalla critica, mentre esse sono dovute unicamente alla sovrapposizione di nuove aggiunte, non sempre ben fuse con il resto della trama, o di mutamenti di parole e anche di interi periodi, che assumono, trascendendo le passate esperienze, un significato più recente. Si ritiene generalmente che ai allontani dalla 1802 solo per la lettera del 17 marzo, che è una diretta derivazione, come ha dimostrato il Fubini, dei discorsi sulla servitù d'Italia: lettera indubbiamente magnanima per il suo atteggiamento audacemente antifrancese e per l'esaltazione dei generosi ingegni italiani (spezzarli puoi, piegarli non mai); ma non piacque certo ai patriotti affigliati alle sette perchè egli suggeriva come rimedio estremo, lo starsi in pace, inutile parendo a lui ogni tentativo di rivolta. Codesta posizione negativa del Foscolo in quei dolorosi frangenti va collegata con la sua visione politica che non collimava ponto allora (sia messo ben in chiaro) conj il nuovo moto delle idee. Il Foscolo fu un precursore, non un uomo del Risorgimento. Nessuno meglio del Mazzini, che ebbe per il patriotta un'incomparabile ammirazione, ne comprese il pensiero, specie negli anni dell'esilio, quando scrisse della commossa prefazione alla raccolta degli inediti politici foscoliani, da lui curala, e pubblicata a Lugano nel 1844 : Cresciuto sotto l'influenza d'una filosofia che aspirava a distruggere e alla quale bastavano negazioni, diffidente, egli, nato a combattere, d'una teorica incerta ancora, propagata da ingegni ch'erano o sembravano affratellati colle monarchie ristorate e che parevano rassegnare alla sola lenta azione della Provvidenza quel progresso che i popoli avevano tentato invano, ei la guardò sdegnoso come utopia di codardi, illusione d'uomini che pur confessandosi impotenti non volevano rinom.-ziare alle loro più care speranze e ne affidavano l'adempimento a una legge di vita collettiva preordinata. Ma egli non potè innalzare, secondo il Mazzini, l'inno della trasformazione sulla sepoltura della sua patria perchè la vedeva tradita, venduta, trafficata da amici e nemici, giacersi come cadavere che fu scosso da moti galvanici* senza scintilla di vita propria, senza indizio visibile di futura resurrezione .
Ma vi son molti altri passi nuovi, nella zurighese, oltre la lettera del 17 marzo, i quali, inavvertiti sinora per un mancato confronto con le lezioni precedenti, testimoniano di un vision della vita più composta e più meditata. Cosi, nella lettera del 4 dicembre (il racconto dell'incontro con il Panni) è ben significativo il periodo che non appare nella lezione del 1*802: Scrivete. Abbiate bensì compassione a' vostri coufciltadini, e non istigate vanamente le loro passioni politiche; ma sprezzate l'universalità de* vostri contemporanei; il genere umano d'oggi ha le frenesie e la debolezza della decrepitezza; ma l'umano genere, appunto quand'è prossimo a morte, rinasce vigorosissimo. Scrivete a quei che verranno, e che soli saranno degni d'udirvi, e forti da vendicarvi. E non) si possono leggere senza compianto le dolenti parole, aggiunte alla lettera del 17 settembre, dell'esulo logoro dal lavoro intellettuale e oppresso dalla solitudine, con le quali confessa