Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <144>
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Libri e periodici
sezioni, la prima di economia rurale, la seconda di economia civile (industria e commercio); le nomine dei soci (ordinari, corrispondenti onorari) come pure del segretario che era perpetuo avveniva per nomina regia; elezioni delle cariche e decisioni venivano prese per votazione dei soci ordinari e onorari (nn decreto del luglio 1859 modificò lo statuto delle Società Economiche creando una Com­missione amministrativa).
I soci ordinari designati per nomina regia dagli Intendenti vennero poi eletti dai soci stessi. Le direttive partivano dal Ministero degli interni, dal Reale Isti­tuto di incoraggiamento e dall'Accademia delle Scienze; ma le Società Economiche avevano le possibilità di interpretare il programma superiore secondo la eoi-genze economiche di ciascuna provincia. Propaganda, istruzione ed esperimento erano le tre armi delle quali si giovavano le Società Economiche, come avverte il Pennella, il quale ha avuto il merito di aver studiato gli stimoli che tali Società Economiche estrinsecarono in Tèrra d'Otranto, in Terra di Bari, nella Capitanata e nell'Abruzzo e Molise. Varrebbe ora la pena di estendere la ricerca in alcune altre Provincie del Regno, specialmente in Terra di Lavoro e nel Salernitano.
MASSIMO PETROCCHI
MASSIMO PETROCCHI, Le industrie del Regno di Napoli dal 1850 al 1860; Napoli, Pironti, 1955, in 8, pp. 136. L. 1500.
Questo recente volume di storia economica di M. Petrocchi, se non segna il passaggio dalla storiografia politico-religioso a quella economico-sociale di questo versatile storico, conferma per lo meno quella apertura alla molteplicità di aspetti della realtà del passato e quella ricchezza di specializzazione che giustamente gli attribuiva M. Bendiscioli (Studi di storia economica e sociale, in Humanitas, n. 4, 1955).
Fra il 1850 e il 1860 esisteva il Regno delle Due Sicilie, non quello di Napoli, ma poiché la denominazione Regno di Napoli era adoperata da economisti e pubblicisti dell'epoca, il Petrocchi la usa giustificandolo nella Premessa. La situa­zione delle industrie di quel periodo nei donimi al di qua del Faro è presentata sulla scorta di documenti d'archivio e principalmente dai resoconti del Corpo Accademico del Reale Istituto d'incoraggiamento alle Scienze Naturali (tornata del 21 luglio 1853). Si rileva così che l'industria è ancora in gran parte in mano arti­giana, anche se sono cominciati a sorgere alcuni complessi industriali (pag. 13). Si produce e si fabbricano prodotti d'interesse domestico, guanti, cappelli, tessuti di lana e seta (famoso lo stabilimento di S. Leucio), cotone e lini (filanda di G. Egg in Piedimonte d'Alile con 900 operai), ma anche apparecchi e strumenti in ferro, armi da fuoco, utensili vari ecc. Buona l'industria delle paste alimentari die dà luogo ad una fiorente esportazione.
Il protezionismo accordato da Ferdinando II alle industrie straniere che si impiantano nel Regno trova qualche opposizione, che si accorda con la tipica fobia antimacchiniata che prevale in certe zone conservatrici del mondo del lavoro ottocentesco. Ma la politica del sovrano fu coerente nel proteggere queste vigorose industrie dovute al capitalo specialmente svizzero (p. 14). Alle industrie del ta­bacco (grandiosa la Manifattura in Napoli con più di 1500 donne), sale, polvere da sparo, ferro, carbone (specie in Calabria) è rivolto un controllo dello Stato. Buone le cartiere di Fibre no ed Isola di Sora.
L'industria più interessante del Regno è, però, quella siderurgica e metalmecca­nica: si va da piccole fonderie private alla gronda industria di Stato (Stabilimenti di S. Donato, Opificio di Omcns, la fabbrica di Guppy, lo stabilimento di Mon* giuna presso Monteleone Calabro, il cantiere navale di Castellammare di Stabia).