Rassegna storica del Risorgimento

1852-1853 ; BELFIORE ; PROCESSI ; CASTELLAZZO LUIGI ; MANTOVA
anno <1956>   pagina <147>
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Libri e periodici 147
la sua azione in un senso assai differente da quello che ero lecito attendersi, e cioè sulla vìa della politica cosiddetta continentale, che l'alleanza dei tre impera* tori aveva già fornito di una base materiale e militare praticamente inattaccabile. Tale lucida energia ncll'impriinere al timone della politica estera nazionale un indirizzo nettissimo e senza equivoci costituisce come riconosceva il Bonghi sulla Nuova Antologia del settembre 1884, il maggior titolo di merito per lo statista meridionale, anche se si rivelavano indiscutibili in tal senso i suggerimenti e gli interventi * di più su , come il Bonghi scaltramente postillava. Un siffatto accosta mento deciso ed ufficiale alle potenze centrali implicava d'altronde non solo un cedimento sulla linea ideologica accreditata al Mancini, ma ancora un allontana­mento, che non poteva non apparire pericoloso, dall'Inghilterra. Le vicende egiziane dell'estate '82, i successivi incidenti marocchini e la crisi sudanese, il tutto inqua­drato nell'ambito della politica coloniale italiana attuale e potenziale nei suoi due scacchieri operativi del Mar Rosso e del Mediterraneo, mettevano in chiara luce la delicatezza della nostra posizione mal sostenuta in questo campo, dal gioco delle alleanze continentali. Non era certamente sufficiente che il Mancini, a distanza d'un paio d'anni dall'avvenimento, assicurasse non senza spavalderia il Sonnino che, se avesse voluto , avrebbe potuto mandare in Egitto a soccorso degli inglesi centomila uomini, e spendere per la spedizione cinquanta milioni. Restava il fatto che si era rimasti tagliati fuori, malgrado l'aspro monito del Crispi, e che quando più tardi, a proposito del Marocco e del Sudan, si tentò con un certo affanno di rientrare nel meccanismo della collaborazione internazionale sui problemi africani, nulla si potè ottenere se non un brutale fin de non recevoir da parte delle cancellerie alleate, ed un cortese, ma fermo rifiuto da quella di Londra.
Questo periodo di crisi, che eccitò in Italia vivo ed acceso malcontento e costò al Mancini la perdita del dicastero (ma gettò anche le indispensabili premesse per la revisione anglofila della Triplice così sagacemente operata più tardi dal Robilant), è esaurientemente illuminato, con l'ausilio di numerosi documenti inediti, nella recente opera dello Zaghi.
L'appendice documentaria è di disuguale valore, ma alcuni contributi, ed in modo speciale i rapporti, più o meno fallimentari, Nigra e de Launay, e le aspre confidenze del Robilant, appaiono veramente preziosi. L'argomento è affrontato dall'A. con una scaltrita preparazione filologica e con una non comune conoscenza dei testi ausiliari e documentari. Nuoce, tuttavia, al vigore del lavoro il suo carattere episodico, frammentario, di indagine, sia pure accuratissima, di un determinato, ristretto periodo, senza che gli antecedenti di esso e le circostanze che valgono ad anticiparne la spiegazione vengano adeguatamente valutate. Manca, cioè, in gran parte, nella ricerca, l'orizzonte europeo, che riesca a giustificare gli atteggiamenti di Londra e di Berlino, che appaiono un po' rigidi ed apodittici, senza il calore di uno svolgimento polìtico coerente. Mi sembro che una visuale più ampia avrebbe giovato alla vitalità dell'opera: e ciò non soltanto nell'ambito internazionale. Le deficienze, infatti, della posizione manciniana erano individuate e denunziate da gran tempo, e non senza preoccupazione, dai commentatori politici italiani. Fin dal 15 loglio 1881 si poteva leggere sulla Nuova Antologia, a firma di Rocco de Zerbi, una severa analisi della politica fin allora seguita: Oggi non c'è più a sperare che l'Inghilterra ci chieda alleanza o che ce la conceda per interessi comuni nel Mediterraneo: l'Inghilterra che, insieme a noi, pensava volersi opporre alla espansione francese nel nord africano, dopo averci conosciuto alla pruova, è entrata in un'altra politica: l'amicizia della Francia ad ogni costo. E, quanto l'amicizia della Germania, da noi chiesta ed ottenuta troppo tardi, e efficace, anzi necessaria all'Italia, come forza difensiva e guarentigia di pace, altrettanto CBBB sola è ineffi­cace a far pigliare all'Italia una posiziono importante nel Mediterraneo. La Ger­mania e TAustria non hanno nel Mediterraneo gl'interessi nostri, né noi abbiamo