Rassegna storica del Risorgimento

BERCHET GIOVANNI ; RELIGIONE
anno <1956>   pagina <605>
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Libri e periodici 605
incontri fra Italiani per rendere unita la patria comune: da un lato Triestini ed Istriani rimasti nella regione Giulia o affluiti nell'ettiigraz-ioue a Torino, mo­strano dì voler far entrare la loro patria provinciale nel crogiolo unitario allo stesso identico titolo del Lombardo-Veneto o del Napoletano; dall'altro la classe dirigente subalpina e un po' tutti gli Italiani che diverranno qualcuno nel Risorgimento cominciano a guardare a Trieste e alla regione Giulia come parte dell'Italia da attirare entro i futuri confini dello slato unitario. Un incontro, dicevamo, che non è diverso fra quello che avviene fra Toscani, Lombardo-veneti, Siciliani ecc. da un Iato e la classe dirigente subalpina dall'altro. Esso emerge chiaramente dalle pagine dello Stefani e viene da lui analizzato sul piano inter-nazionale, nelle preoccupazioni dell'Austria, della Confederazione Germanica, dei Croati ed anche dell'Inghilterra come nell'aspetto interno, triestino ed istriano e più ampiamente piemontese ed italiano.
Fra un viaggio occasionale, d'affari, compiuto dal Cavour a Trieste nel 1832 e il suo pensiero ultimo, sul letto di morte, ai problemi insoluti, dell'Istria e del Tirolo affidati per la soluzione alle generazioni successive, viene a collocarsi tutta una attività del regno subalpino la cui classe dirigente si fa sempre più sensibile ai problemi dei limiti verso oriente, in ciò aiutante, vorrei dire pun­golata, dai Triestini e dagli Istriani. Questi uomini, soprattutto dell'emigrazione, contribuiscono a chiarire i più importanti problemi politici ed economici in rap-porto all'Austria, alla Confederazione germanica e al settore danubiano balcanico già, virtualmente, in movimento. Questa azione si svolge nella pubblica opinione e in sede responsabile, di governo, attraverso i contatti con Cavour e il suo entourage più stretto. I nomi che emergono dal volume dello Stefani danno la misura di come nel Risorgimento e in particolare nel periodo fra il '48 e il '61 i Triestini fossero veramente qualcuno come sensibilità, preparazione oltre, naturalmente, passione nazionale unitaria, nella classe dirigente risorgimentale.
Quanto al problema, molto 6erio e tuttora tragicamente attuale, dei limiti fra Italiani e Slavi meridionali, abbiamo l'impressione, confermata dalle lucide pagine dello Stefani, che esso, pur avvertito in tutta la sua importanza, allora, dai Triestini ed anche a Torino, almeno sino a Cavour, trovasse difficoltà a defi-nirsi in termini concreti, salvo in Valussi.
La verità è che il problema finché era in piedi l'Austria, non poteva consi­derarsi politicamente attuale e dunque allora risolvibile. Cavour slesso col senso del concreto, del possibile ed anche della gradualità che fa parte della sua edu­cazione liberale, lo avverte in pieno. Cosi, come già chiarito sin dal 1918 e poi successivamente da Attilio Tamaro, testé scomparso, manda o tiene suoi uomini o fiduciari a Trieste e nella Venezia Giulia; si tiene vicino il Comitato veneto centrale o accoglie nella sua scelta segreteria uomini come i Triestini Abro e Rcssman, ma non ha il tempo di svolgere la sua azione, anzi sente che i tempi non sono maturi. La sua è una preparazione per l'avvenire, per altre generazioni. Un identico senso del possibile e della gradualità noia del resto lo Stefani nei patrioti delle Giulie nel Risorgimento, che mostrano così una vivace sensibilità politica, sanno quando si deve osare e quando attendere, uniformandosi così a quello che è stato e rimane lo spirito dell'azione di Cavour.
Questo, nelle linee essenziali, ci pare il problema centrale o uno dei pro­blemi centrali eha emergono dal volume dello Stefani. Esso è denso, vivo, docu-mentalissimo, particolarmente interessante e nuovo per quanto riguarda la vita interna di Trieste nel periodo in esame o l'emigrazione triestina e istriana nonché eerti aspetti di vita economica (anche chiariti dall'autore in altri scritti) perché Io Stefani si affida all'ottimo metodo di far parlare i fatti, peraltro solidamente