Rassegna storica del Risorgimento
BERCHET GIOVANNI ; RELIGIONE
anno
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1956
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pagina
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608
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608 Libri e periàdici
cazionc e per consuetudine di' lavoro e di vita da un'interpretazione materialistica e quindi fatalistica della Btoria, guardano al passato sino ira et studio, con la serenità, che è sicura premessa e condizione per obiettività di giudizi. Vìvendo per quasi cinque anni a Roma, egli ha potuto conoscere nel suo ambiente naturine, come confessa nella prefazione (p. 7), anche lutti gli aspetti buoni e positivi del popolo italiano, così che robiettività, per lui, cessando di essere un merito, non è uno sforzo o un'imposizione della volontà del resto sempre inefficace bensì un fatto naturale, un bisogno, oltre che scientifico e comune al vero ricercatore, inavvertito del suo animo: la forma di un pensiero sano ed. equilibrato
E il libro ha di conseguenza un grande valore, che è stato già riconosciuto anche in altre sedi, persino dal giornalismo, non sempre equanime nei suoi giudizi; ma soprattutto dalla stampa specializzata, che offre ospitalità di preferenza alle recensioni sugli studi del secolo diciannovesimo. E il merito è tanto maggiore in quanto il passato esaminato dal Kramer è ancora recente, ancora vivo e presente nei BUOI riflessi su una situazione spesso esasperata, sia pure in modo artificioso, e giudicata con spirito di parte non meno a nord, quanto a sud delle Alpi. Per il lettore italiano, che ha ancora forti le impressioni, anche se sbiadite nei contorni, dei racconti dei libri scolastici di trenta o quarantanni addietro, la lettura di questo libro è quasi un balsamo moderatore di tanti giudizi costruiti soltanto su fragili leggende, che pur tuttavia resistono ancora o stentano a morire.
Non a torto l'autore si serve molto opportunamente di motti ricavati da opere italiane collocati in testa ai primi capitoli del suo libro ed ottiene con essi un duplice effetto: l'Italiano e l'Austriaco, che si accostano alla lettura con qualche prevenzione e di simili lettori ve u'è, purtroppo, qualcuno ancora dall'una e dall'altra parte rimangono subito perplessi, si sentono trasportati in una atmosfera, che, aprendo il volume, non s'aspettavano d'incontrare. E questa parte di predisporre l'animo del curioso, che, prendendo in mano quel libro, sospettava di trovarvi chissà quali sfoghi di un'ira alimentata d'irredentismo post luterani, è affidata a molti Italiani: a storici e poeti, a uomini moderati ed equilibrati nei propri giudizi e a chi ha trovato presto o tardi la via di ricredersi, allontanandosi per opportunità o per oscure ambizioni da serene e tranquille posizioni d'origine.
Sono chiamati in causa quelli che riconobbero i meriti indiscutibili della vecchia Austria e quelli che sentirono, i più quasi contemporanei agli avvenimenti, il romantico richiamo dei fratelli ancora soggetti a governo straniero. E in mezzo al solco aperto dalle due correnti il nostro autore s'inoltra sereno ed impassibile, guardando a destra e a sinistra con occhio tranquillo.
L'opera ha evidentemente i suoi limiti cronologici: limiti imposti dalla tirannia dello spazio soprattutto, di cui l'autore si lamenta molto spesso, e limiti di ordine generale* Ad un capitolo di carattere introduttivo, segue quello sul Trentino, poi quello sulla condizione degli Italiani sulla costa austriaca dell'Adriatico, nel quale le zone di Gorizia e Gradisca, Trieste, l'Istria e la Dalmazia trovano, com'è naturale, trattazione separata; nel quarto capitolo è riservata ampia trattazione alla posizione degli Italiani nell'esercito e nell'amministrazione austroungarica e il libro si chiude con alcuno belle pagine, ampiamente documentate, sulla censura nello zone di confine della monarchia.
Il Kramer veramente avrebbe volato abbracciare soltanto il periodo di tempo che va dalla formazione dell'unità italiana alla fine della prima guerra mondiale (p. 26) ; ma la tentazione gli fa spesso dimenticare i suoi propositi, così che le corse al tempo del fascismo, i giudizi sullo politica mnssoliniana, rassomigliata al classico albero preoccupato soltanto di tendere superbo i propri rami nell'alto senza curarsi di mettere profonde radici nel suolo (p. 22) e quell'accennare qua e là