Rassegna storica del Risorgimento

DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; LEGISLAZIONE ; CONTENZIOSO AMMINIST
anno <1956>   pagina <682>
immagine non disponibile

682
Carlo Ghisalberti
tuzione di speciali corpi giudiziari per le diverse branche del diritto civile, penale ed amministrativo, i quali, sulla base del principio della separazione dei poteri, esercitassero la giurisdizione nello Stato.l)
Non si deve, credere, però, che il richiamo del Galanti al principio della separazione dei poteri avesse il solo valore di lamento contro le infram­mettenze del potere esecutivo nell'esercizio della giurisdizione ammini­strativa della Regia Camera. Perchè anzi il ceto intellettuale del regno dell'età delle riforme lamentava soprattutto la pesante ingerenza e l'ec­cesso del potere di coloro che esercitavano la funzione giudiziaria, nei con­fronti della pubblica amministrazione, più ancora della dipendenza dei tribunali amministrativi dal potere politico. Si legga, ad esempio, quanto deplora Vincenzo Cuoco, descrivendo lo stato della amministrazione del regno alla vigilia della rivoluzione del Novantanove: Continuò Tanucci a con­fondere il potere amministrativo ed il giudiziario, ed il Foro continuò ad essere il centro di tutti gli affari. Il potere giudiziario tende per sua intrin­seca natura a conservar le cose nello stato nel quale si trovano: l'ammini­strativo tende a sempre cangiarle, perchè tende sempre a migliorarle; il primo pronuncia sempre sentenze irrevocabili, il secondo non fa che ten­tativi, i quali si possono e talora si debbono cangiare ogni giorno. Se questi due poteri, per loro natura tanto diversi, li riunite, corrompete l'uno e l'altro. Tutto in Napoli si dovea fare dai giudici e per vie giudiziarie; e da questo ne veniva che tutte le operazioni aniministrative erano lente e riuscivan male. Il governo era tanto lontano dalle vere idee di amministrazione, che i vari oggetti della medesima o non eran affidati a nessuno, o erano com­messi agli stessi giudici; quindi l'utile amministrazione o non avea chi la promovesse, o era promossa languidissimamente da coloro che avean tante altre cose da fare.2)
Se questa critica del Cuoco investiva il problema generale della strut­tura amministrativa del regno, non si deve credere che l'autore del Saggio storico non scendesse ad analizzare anch'egli i motivi del discredito e del disservizio che affliggevano la Regia Camera, occupandosi, sulla scia di quanto avevano già fatto altri prima di lui, dello stato della amministrazione finan­ziaria: ce Una parte di questi fondi pubblici fu occupata dalla Corte e questo non fu il maggior male; l'altra, sotto pretesto di esser male amministrata dalle popolazioni, fu fatta amministrare dalla Camera dei Conti (leggi Regia Camera della Sommaria) e da un Tribunale chiamato misto, ma che nella mi-scella dei suoi subalterni, tutt'altro avea che gente onesta. L'amministra­zione dalle mani dei Comuni, passò in quelle dei commessi di questi tribu­nali, i quali continuarono a rubare impunemente, e tutto il vantaggio, che dalle nuove riforme si ritrasse, fu che si rubò da pochi dove prima si rubava da molti, si rubò dagli oziosi dove prima si rubava dagli industriosi; il de­naro fu dissipato tra i vizi ed il lusso della capitale, dove che prima s'im­piegava nello Provincie; la nazione divenne più. povera e lo stato non divenne io.3) A parie 'accenno a quel tribunale misto creato sin dal 1741
l) M. SCIUPA, Albori di Risorgimento nel Mezzogiorno d'Italia, Napoli, 1938, pp. 77-78 2) V.Cooco, Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, ed. a cura di N. COBTESE, Firenze, 1926, pp. (54-65. H 3) V. Cuoco, op. aU., p.*70.