Rassegna storica del Risorgimento

DUE SICILIE (REGNO DELLE) ; LEGISLAZIONE ; CONTENZIOSO AMMINIST
anno <1956>   pagina <693>
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Per la storia del contenzioso amministrativo 693
tiva erano le comuni del Codice, il procedimento diverso tendente a favo­rire le persone e le cose dell'amministrazione; e, quindi, per natura e difetti erano magistrati d'eccezione tollerabili in uno Stato nuovo perchè moltipli­cavano gli strumenti operosi de* non ben noti metodi governativi, non com­portabili agli Stati già formati; provvedimenti però passeggeri, indegni del nome e del decoro di codice o di legge. Intanto l'arbitrio piacque ai gover­nanti; e sebbene il napoleonico reggimento si rafforzasse de' nuovi inte­ressi ed usi dèi popolo, le dispotiche ordinanze dell'aniministrazionc non mutavano .l)
Aveva ben ragione il Colletta nel fissare la propria attenzione sulle regole di giustizia amministrativa dettando la propria valutazione della amministrazione napoleonica: egli mostrava così di rendersi conto dell'impor­tanza essenziale assunta dal contenzioso della pubblica amministrazione nel quadro della moderna organizzazione dello Stato di diritto, che non esi­ste ove non sia fissata in modo chiaro ed inequivocabile la tutela dei sin­goli contro l'azione illegittima della pubblica amministrazione. In questo senso il giudizio del Colletta se, da un lato, mostra che il suo autore ha com­preso chiaramente la portata dalla riforma napoleonica, dall'altro, si rivela estremamente duro e con qualche palese contraddizione con altre afferma­zioni di diverse parti della sua Storia più. favorevoli all'amministrazione del decennio mura ttiano ed in generale più distaccate.2)
Queste contraddizioni si spiegano, a nostro avviso, con la troppo dif­ficile conciliazione, per i critici della storia della rivoluzione e dell'impero e in genere per gli esponenti del romanticismo storiografico della restane razione, della critica al razionalismo giuridico dell'età napoleonica con la rivendicazione di istituzioni e leggi adatte, si, alla natura ed alle esigenze dei popoli, ma al tempo stesso nuove rispetto a quelle dell'antico regime.
Che, infatti, se era facile definire come antistorico ed astratto il com­portamento di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat, che avevano dato al regno la stessa organizzazione amministrativa che si era data la Francia, non era altrettanto semplice determinare la via attraverso la quale si sarebbe potuto giungere all'instaurazione dello Stato di diritto senza av­valersi dell'esperienza francese. La stessa storia della amministrazione bor­bonica del Quinquennio dimostrerà abbastanza facilmente l'impossibilità di sottrarsi alla logica ed agli effetti della grande riforma amministrativa operata dai Francesi nel regno di Napoli, e, al tempo stesso, la persistente difficoltà di conciliare la generica esigenza di una libertà civile con i prin­cipi autoritari di un'amministrazione moderna, nell'assoluta mancanza di una costituzione politica liberale che garantisse; singoli dagli eccessi di potere della pubblica amministrazione.
Più temperati e più tecnici i giudizi del Bianchini sulle riforme ammini­strative e giudiziarie del Decennio. La semplicità e l'ordinata uniformità delle istituzioni francesi sembrano senza dubbio destare la sua ammirazione e il suo plauso, soprattutto al paragono della notevole incertezza delle attri­buzioni e della competenza degli istituti amministrativi dell'antico regime.3)
1) P. CouuttM, op. cU., voi. II, rp. 82-283.
2) P. COMiBTTA, op. eU., voi. II, passim.
a) L. BIANCHINI, op. cfc., voi. T, pp. 522 e sgg.