Rassegna storica del Risorgimento
1888-1889 ; IRREDENTISMO ; TRIESTE
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1956
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Italo de Franceschi
irredenta, che il 12 novembre 1888 così scriveva ad Aurelio Saffi: Oscure arti diplomatiche, alleanze ibride tendono con ogni mezzo a fuorviare il popolo d'Italia dal suo vero cammino, apparecchiando l'Italia ad armarsi potentemente per una guerra, al cui solo pensiero essa rifugge con orrore. Le terre italiane ancor soggette al dominio austrìaco, benché conscie di tali piaghe che affliggono la Madre Patria, prive di qualunque barlume di speranza, abbandonate a se stesse, continuano l'opera loro senza volgere il capo, ma con lo sguardo fisso nella gran Stella d'Italia, lottano fidenti nel loro sacro diritto. Recente prova ne è l'imponente affermazione di domenica scorsa pel congresso della Pro Patria a Trieste. Chi ricorda oggi i poveri paesi nostri? Pochi generosi, cui l'interesse non soffoca gli alti ideali, e nei loro cuori i cari nomi di Trento e Trieste suonano dolci quando quelli, un tempo, di Venezia e di Roma.
Gli Italiani irredenti sia per la concezione idealistica che per la grandiosità della lotta che da soli dovevano sostenere non potevano suddividerai in gruppi secondo i vari partiti del Regno, alle cui teorìe e contese pur vivamente si appassionavano. Nel lavoro di propaganda antiaustriaca, nelle pubbliche manifestazioni d'italianità, mai venne fatta nella Venezia Giulia, in quei tempi, questione di monarchia o repubblica, di liberalismo o clericalismo, di conservatorismo o radicalismo; gli irredenti approfittavano però ugualmente di una ricorrenza dinastica o di una commemorazione mazziniana per affermare le loro aspirazioni politiche o nazionali e per dar libero sfogo all'odio contro lo straniero dominatore. Ma nel Reguo l'atteggiamento dell'Italia ufficiale' decisamente ostile, per riguardo all'Austria, ad ogni manifestazione irredentista, esacerbava gli animi degli emigrati triestini e istriani, che disconosciuti e spesso perseguitati dal Governo venivano spinti nelle braccia dei repubblicani e radicali, oppositori risoluti della politica estera triplicista nei quali trovavano incoraggiamento e appoggio.
Matteo Renato Imbrìani Poerio fu un vero cavaliere dell'ideale, che dal primo spiegarsi del movimento irredentista nel 1877, sino agli ultimi aneliti della sua nobile vita, combattè a capo d'un manipolo di generosi per la redenzione delle tene italiane soggette all'Austria. Il periodico L'Italia degli Italiani, da lui creato e diretto, diffondeva la sua calda incisiva irruente parola da Napoli ad ogni angolo della Penisola, ed esso penetrava anche a Trieste e nell'Istria. *) Nei circoli democratici, nelle adunanze popolari e soprattutto nell'aula di Montecitorio, ove sedette dal 1889, l'Imbrìani levò la sua voce tonante in difesa di tutti i popoli oppressi, in primo luogo degli Italiani irredenti, scoprendo senza soggezione e riserbo le debolezza e gli errori del Governo nazionale non meno delle malefatte del Governo austriaco. E in questa lotta aperta leale coraggiosa veniva fiancheggiato dai suoi colleghi dell'estrema sinistra Giovanni Bovio, Felice Cavallotti, Andrea Costa, Aurelio Sani, Sebastiano Tccchio e poi da Salvatore Barzilai, entrato alla Camera nel 1890, come mandatario e legittimo rappresentante di Trieste, tempra un po' diversa di combattente, più pacato e calcolatore, e alle volte anche opportunista.
1) Un numero con l'effigie e glorificazione di Guglielmo Oberdan ò conservato nella raccolta di memorie delFìrredontiBino di Camillo da Franceschi, che lo ebbe a Pisino nel 18(14.