Rassegna storica del Risorgimento

1888-1889 ; IRREDENTISMO ; TRIESTE
anno <1956>   pagina <735>
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Irredentismo d'azione a Trieste negli anni 1888-89 735
Giungeva nella Venezia Giulia, fra tanta successione di amarezze e acon­forti, la viva eco di questi dibattiti parlamentari e della propaganda di co* desti benemeriti amici dell'irredentismo, a rincuorare i giovani insofferenti dell'inerzia in cui giacevano, anelanti alla lotta contro l'Austria.
Ma il gruppo parlamentare dell'estrema sinistra, nel quale già incomin­ciavano a farsi valere i radico-socialisti, seguiva spesso, per desiderio di po­polarità, una linea di condotta ambigua e incoerente, pur di dimostrarsi oppositore intransigente e sistematico del Governo monarchico. Così mentre i deputati di quel gruppo predicavano nei comizi la guerra contro l'Austria, alla Camera votavano contro l'aumento delle spese militari, chiamate da loro improduttive. Onde aveva facile gioco sopra i suoi avversari Francesco Crispi, quando affermava giustamente che guerra e disarmo erano termini antitetici che avrebbero condotto l'Italia a perdere unità e libertà.
Le notizie delle dimostrazioni nazionali di Trieste, propagate in tutto il Regno dai giornali simpatizzanti mediante ben colorite corrispondenze, vi provocavano ripercussioni talora violente, come alla commemorazione di Oberdan del 20 dicembre 1888, che fruttò al deputato Andrea Costa una condanna a tre anni di carcere, e a quella della battaglia di Digione del 27 febbraio 1889.
Non erano più i tempi in cui il Governo austriaco poteva imporsi alla cittadinanza italiana di Trieste a mezzo della famigerata Società dei veterani e mai lo spirito pubblico era stato così avverso allo straniero e fervoroso del­l'idea separatista. La decretata abolizione del Portofranco, secolare privilegio teresiano, fondamento della fortuna commerciale della città, predisponeva a sordo malcontento e a irosa opposizione non solo il ceto mercantile ma anche la massa del basso popolo, che l'interesse economico assai più del sentimento dinastico teneva attaccato all'Austria. Persino i deputati al Consiglio del­l'Impero Giuseppe Burgstaller de Bidischini e Carlo Marziale Stalitz, rap­presentanti del decrepito partito austriacante, levarono in seno al parla­mento, nell'aprile del 1889, una timida voce di biasimo e di protesta verso il Governo.
Tutti gridavano allora, in buona fede, e gli agitatori irredentisti sof­fiavano a più non posso nei fuoco, che la soppressione del Portofranco avrebbe portato danni sicuri e irreparabili alla città. Invece queste fosche previsioni non si avverarono, anzi il deprecato provvedimento fu di notevole vantaggio allo sviluppo economico dell'emporio, che per il sorgere d'importanti stabi­limenti industriali vide prodigiosamente aumentata nel successivo decennio la sua popolazione, ma la causa nazionale di Trieste ne scapitò gravemente per il considerevole incremento dell'elemento slavo che, col favore del Go­verno e delle organizzazioni panslave, affluiva in gran copia dalla Carinola, Stiria, Dalmazia e persino dalla Bosnia e dalla Galizia, e veniva occupato fra il basso personale dello Stato, delle Ferrovie, delle Società di Navigazione e nelle fabbriche in gran parte gestite da capitalisti e industriali stranieri.
Con grande zelo la stampa governativa, in ispecie i giornali ufficiosi la Triesler Zeitung e VAdria, e un poco anche il Cittadino, procuravano di tener desto nella cittadinanza lo spirito patriottico austriaco, senza però riuscirvi. Questi fogli erano ormai screditati ed esercitavano poca influenza sulla pub­blica opinione. Tutti leggevano e s'ispiravano aìTIndipendente, organo del partito irredentista, e al Piccolo che, dopo un lungo o faticoso periodo d'ini-