Rassegna storica del Risorgimento

1888-1889 ; IRREDENTISMO ; TRIESTE
anno <1956>   pagina <739>
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Irredentismo d'azione a Trieste negli anni 1888-89 739
mito dai suoi compagni del Circolo. Ma la prolungata prigionia logorò misera­mente il suo robusto organismo, sì che attaccato da una forma acuta di tuber­colosi delle ossa, mori a Trieste il 18 settembre 1893, poco più di un anno dopo riacquistata la libertà. Camillo de Franceschi scrìsse nell'Eco dell'Alpe Giulia, per questo suo umile ma generoso compagno di fede, un commosso necrologio.
La tragedia di Mayerling lasciò indifferente la città che si astenne quasi completamente dal partecipare alle manifestazioni di cordoglio organizzate dalla Luogotenenza per il pomeriggio del 5 febbraio: soltanto gli uffici e i con­solati esposero le bandiere abbrunate e per invito delle autorità si chiusero i negozi e i teatri.
È significativo il laconico annuncio che VIndipendente diede dell'avveni­mento nel suo numero del 31 gennaio, con il semplice titolo La morte del­l' Arciduca Rodolfo: Ieri verso le ore 4 del pomeriggio, si sparse per la nostra città la notizia che l'arciduca Rodolfo era morto improvvisamente alla cac­cia di Meierliug presso Baden, probabilmente, diceva il primo dispaccio} d'insulto apoplettico.
Al primo annuncio, il pubblico non ci credette, parendo strana la morte così repente d'un uomo così giovine, ma il telegramma di fonte ufficiale non lasciava alcun dubbio.
II conte Nigra, ambasciatore d'Italia a Vienna, telegrafava la notizia al locale consolato italiano, e l'imperatore d'AustriaUngheria annunziava subito per dispaccio al re d'Italia che aveva perduto l'unico figlio.
Certo, sciagura maggiore alla casa d'Absburgo e all'impero d'Austria non poteva toccare, però che tutte le speranze della famiglia imperiale e della monarchia austroungarica si concentravano nel principe ereditario, unico erede al trono.
Già verso la fine del settembre del 1882, subito dopo la solenne visita a Trieste della famiglia imperiale austriaca per la ricorrenza del quinto cen­tenario della dedizione della città alla Casa degli Absburgo, alcuni esponenti della plutocrazia cosmopolita triestina, sorta tra la fine del Settecento e il principio dell'Ottocento, la quale, dopo i rivolgimenti dell'epoca napoleonica e la restaurazione austriaca, spazzato l'antico patriziato, si era insediata nel governo comunale, dominandovi quasi senza contrasto sino al 1860, lanciò l'idea di perpetuare il ricordo di quella visita con l'erezione di un monumento in una delle principali piazze della città.
La proposta ebbe, naturalmente, entusiastica accoglienza nelle sfere ufficiali, tanto più. essendo fatta apparire come una eloquente risposta e una azione riparatrice alle manifestazioni irredentistiche di quell'anno, culminate nell'attentato contro la vita dell'imperatore. La prima convocazione degli aderenti all'iniziativa, per la nomina di un Comitato esecutivo, ebbe luogo, con intenzionale scelta della data, il 22 dicembre, due soli giorni dopo l'impic­cagione di Guglielmo Oberdan, mentre la città era pervasa di orrore per l'atroce avvenimento e i pochi intervenuti al convegno approvarono l'elenco delle personalità ligie al Governo, già in precedenza compilato, chiamate a far parte del Comitato.
La raccolta del denaro, dopo le elargizioni più o meno spontanee delle Banche, delle Società di Assicurazione e di Navigazione e di altri enti legati al Governo, procedette sempre più stentatamento sino al 1888, quando il