Rassegna storica del Risorgimento

1888-1889 ; IRREDENTISMO ; TRIESTE
anno <1956>   pagina <746>
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Italo de Franceschi
Matteo Renato Imbxianì e Giovanni di Breganzo, che fecero una interrogazio­ne al presidente del Consiglio e ministro degli Esteri Francesco Crispi ; e questi promise una severa inchiesta, assicurando la Camera che il Governo avrebbe fatto il suo dovere. Il console Durando fu bensì chiamato a Roma, ma contro di Ini non venne preso alcun provvedimento, essendosi il Crispi dichiarato soddisfatto (per riguardo all'Austria) delle sue vane giustificazioni, che insi­nuavano come movente del conflitto la pretesa avidità di lucro del dott. Pic­coli e degli altri notai triestini.
La grossa vertenza ebbe una nuova più formidabile ripercussione al Par­lamento nazionale nelle tornate dell'8 e 10 giugno, e vi presero parte dell'oppo­sizione gli onorevoli Felice Cavallotti, Matteo Renato Imbriani e Alessandro Pascolato, mentre in difesa del Governo sorse a parlare, non per intimo con­vincimento ma per spirito e disciplina di partito, Alberto Cavalletto, il quale, difatti, si scusò quasi dicendo che dalla proclamazione del Regno d'Italia aveva sempre appoggiato il Governo, e mai ne aveva intralciato in alcuna guisa l'in­dirizzo politico, mentre approvava lui, il condannato a morte dall'Austria per alto tradimento l'alleanza con la Monarchia absburgica, nella quale diceva di riporre le migliori speranze, evidentemente nel caso, dai più creduto prossimo, d'una guerra contro la Francia. E dopo avere blandita l'alleata si scagliava contro il Vaticano perchè, a suo dire, osava tenere a Trieste italiana un vescovo slavo, come se la costui nomina non fosse dipesa esclusivamente dalla volontà del Governo di Vienna e dell'imperatore. L'amico di Tomaso Luciani e suo antico collega nei Comitati venetoistriani, serviva assai male, in quel momento, la causa dell'Italia irredenta, a cui pur altre volte aveva assicurato tutto il suo appoggio.
Poi parlò Francesco Crispi in difesa del console Durando e agitando i soliti spauracchi ammoniva la Camera alla massima prudenza nelle manifestazioni di politica estera, perchè l'Italia aveva molti nemici, massimo fra tutti e più temibile il Pontefice, e pochi amici, e fra i più leali Francesco Giuseppe l
Felice Cavallotti proferì, in quell'occasione, un discorso magistrale per logica stringente e pacato svolgimento di valide argomentazioni. Egli portò nuovi decisivi elementi d'accusa contro il console Durando, che si era astenuto pochi giorni prima, e cioè il 2 giugno, nella ricorrenza della festa nazionale dello Statuto, dall'esporre il tricolore alla sede del Consolato, per compiacere l'Au­stria che ne temeva dimostrazioni irredentistiche. E sosteneva l'incompatibi­lità del ritorno a Trieste del Durando, per non esporlo al rimorso e al dolore di essere causa molto probabile di dimostrazioni e di guai e di vittime.
L'ordine del giorno di riprovazione del contegno del console presentato dal Pascolato e colleghi e a cui dichiarò di aderire Menotti Garibaldi non in senso di sfiducia al Governo ma come affermazione di affetto all'italianità di Trieste, non raccolse che 41 voti, mentre fa approvata a grande maggioranza la mozione Cavalletto.
Questi avvenimenti misero in fermento gli irredentisti di Trieste e nel pomeriggio dell'8 giugno Camillo de Franceschi fu chiamato da S. a un con­vegno in casa sua. Questa era l'unica volta che il do Franceschi si recò da lui e gli riuscì fatale, perchè diede appiglio a questi di accusare lui e i suoi com­pagni di cospirazione quando venne formato dalla Polizia. Trovò ivi conve­nuti alcuni pochi amici, uno dei quali, lo studente Alfieri Rascovich, gli disse che aveva ricevuto l'incarico di avvertirlo ohe per volontà del Comitato direi-