Rassegna storica del Risorgimento

PEDROTTI PIETRO
anno <1956>   pagina <795>
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Libri e periodici
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.lamento che precorrano il socialismo o incarnino la fame di terre dei villani: può darsi che incarnino, molto più semplicemente, il malumore dei ceti più esasperati dalle fortune degli agrari nella seconda metà del Settecento o da bufere rurali come quelle della Cassa Sacra in Calabria. Che esaltino la democrazia alla Rousseau non vuol dire che tendano davvero la mano ai popolani: può darsi che esprimano solo la voce della provincia, stufa della capitale e dei suoi papaveri;
Ben diverso, naturalmente, è il caso di un Buonarroti. Ma costui non sbuca fuori da un cantuccio di provincia, come un Ronza od un Compagnoni: viene da un'esperienza ben altrimenti vivificante, come quella della grande Parigi san culotta. E di fatti non ha posto in questa raccolta, perchè è tanto poco italiano > da non scrivere neppure nella nostra lingua e da accentrare molto più su Parigi che sull'Italia la propria azione. Non dimentichiamo poi che il Buonarroti, nella sua tenace fedeltà ai vecchi ideali pur nell'età di Napoleone, non avrà molti com­pagni italiani: sono preoccupantemente numerosi i nostri giacobini, cui, per smetterla di scalmanarsi, basta che Napoleone offra a tutti la possibilità di diven­tare capo-ufficio in un ministero o colonnello in un reggimento, con relativi nastrini della Legion d'onore. Anche se poi qualcuno, come un Bozzi od un Cam­bini, finirà per trovarsi ributtalo all'opposizione del regime napoleonico. Insomma, ci vorrà proprio la Restaurazione per ricondurne gli epigoni olle cospirazioni ed ai disegni rivoluzionari, riconducendo altresì un po' tutta la minuta borghesia ita­liana alle pristine angustie ed impazienze. Ma allora lo sviluppo economico non tarderà ad allargare le file di questi, ceti ed a crescerne insieme il peso politico e la maturità. E ne verrà fuori la sinistra mazziniana e garibaldina, che, pure tenendo fermo all'idea dell'unità d'Italia, al radicalismo democratico, al metodo rivoluzionario (e magari ad una bella dose di retorica, metà apocalittica e metà moraleggiante), sarà prontissima a voltare le spalle alla legge agraria ed all'indo­mabile Buonarroti.
Questi scrittori, dunque, di coi si è fatto editore Delio Cantimori, non sono verisimiknente importanti tanto come autentici Jacob in s d'Italia e meno che meno come precursori del socialismo, quanto come espressione aurorale od almeno ima delle espressioni, magari scomposta ed approssimativa di quello che sarà poi il moto ascensionale della piccola borghesia italiana nel Risorgimento. Non sappiamo se questa interpretazione possa andare a genio a tutti gli studiosi attuali del giacobinismo italiano. Però teniamo ad aggiungere che, nell'affacciarla, non v'è latente in noi la menoma velleità di sfrondare allori a chicchessia. Definire questi scrittori come una delle voci dell'incipiente moto ascensionale della Tower middle class italiana, più ancor che come scintille del grande incendio giacobino di Francia o precursori del movimento socialista, è dare loro un titolo di positività stòrica tun'altro che spregevole: non già sbalzarli dall'altare nella polvere. Che obbiettivamente parlando, quel moto ascensionale piccolo-borghese, dai carbonari allo scoglio di Quarto, è uno dei momenti più seri e concreti del Risorgimento italiano: più serio e storicamente rilevante, a conti fatti, dei tentativi di trapianto di idee socialiste o delle agitazioni contadine, che poterono verificarsi in Italia in quei decenni
Tra l'altro, non vediamo migliore maniera di consentire co la difesa che ne fa il Cantimori dall'accusa di astrattezza , al di fuori di questa. Ben concreti, invero, e storicamente plausibili* ci eppaion questi scrittori, qualora li conside­riamo come rappresentanti di forze, non ancora mature da riportare vittorie, ma sufficienti già ad inquietar con le proprie aspirazioni vecchi e nuovi governanti degli Stati italiani. Non sappiamo sino a che punto l'illustre studioso, cui dob­biamo questo volume, vorrà consentire con le nostre illazioni: ma ci sembra che una lettura non superficiale possa quanto meno autorizzare come legittima una discussione su queste linee. GIORGIO SPINI