Rassegna storica del Risorgimento

PEDROTTI PIETRO
anno <1956>   pagina <796>
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796 Libri e periodici
UGO FOSCOLO, Epistolario! voi. V, a cura di Plinio Carli ; Firenze, Le Mounier, 1956, in S, pp. 425. L. 2500.
È un nuovo volume àeWEpistolario del Foscolo il V, e il XVIII dell'Edizione nazionale delle sue opere. Lo aveva preparato da lungo tempo il compianto Carli, che gli aveva apprestato le consuete cure, intelligenti e amorose; ma la morte inopinata gli impedi di dargli l'ultima revisione. Se ne è assunto il compito il prof. Francesco Tropeano e lo ha svolto egregiamente: avendo aiutato il Carli sin dall'inizio della sua ardua impresa, era invero meglio di chi si sia a cono* scenza del suo metodo.
Questa raccolta che abbraccia un periodo più breve delle precedenti, è perai* tro, indubbiamente, la più unitaria, perchè è quasi per intero dominata dal tene­broso dramma interiore vissuto dal poeta durante i quindici mesi che precedettero il suo volontario esilio (1814 - 1 trimestre 1815). Aleggia, infatti, per tutto il libro un senso di trepida aspettazione, di pensosa malinconia, di accorata tristezza. Non è del tutto spenta nel poeta la sete di amore; ma si è fatta ora meno spa­smodica e più rassegnata. Lo struggimento per la Lucietta, la donna funesta e divina*, per la quale aveva lasciato d'improvviso Firenze nel luglio del 1813, nella speranza d'impedirne le nozze con il generale Fontane!!., arde or solo più di una luce vana e funerea; e se spesso ancor viene a turbargli la mente il ricordo della Bignarai sì che pare che tutte le sue facoltà si abbiano a sovver­tire, riconosce però ora l'irragionevolezza degli antichi deliri e sa cogliere il punto che lo divide dalla pazzia , Strascinato di nuovo a Milano per le sciagurate cose d'Italia e costretto a vivere del tutto solo, perchè tutti diffidano e tacciono e non sa più stimare chi una volta gli pareva degno di stima e partito è chi si dilettava dei suoi segreti, non gli resta altro conforto che conversar di lontano con due donne che gli han dimostrato a Firenze, nel breve perìodo colà trascorso di vita serena, un'affezione sincera, confidando loro i suoi mali fisici (per il clima micidiale della Lombardia lo assalgono soventi flussi alla testa e fre­quentissime febbri che gli snervano tutte le fibre, le sue ansie politiche, le sue tristi delusioni.
Commoventi, nella loro ingenua semplicità, le lettere della buona Quirìna, sempre desiderosa di nuove di lui, preoccupata di continuo dello stato della sua salute, pronta sempre a venirgli incontro in ogni sua difficoltà, anche con prestiti economici: esempio mirabile di tenerezza e di dedizione, che egli peraltro troppo tardi saprà degnamente apprezzare. Le sue risposte son calde dapprima, in verità, (la chiama dì solito con i dolci nomi di cara e amabile e la assicura di averla sempre nel pensiero e che le sarà perpetuamente e sino all'ultimo respiro legato): ma man mano si van facendo meno intime e più rade. Trascura ogni tanto di scriverle scusandosi che ne è causa lo incertissimo stato d'animo tanto perplesso e spesso cangia di tono parlandole d'interessi per tema di andar nel patetico *. nell'innamorato e per far tacere le tentazioni d'Amore .
Più copioso e più notevole assai perchè documento importante di un mo­mento tra i più agitati della storia d'Italia, ma, soprattutto, perchè ricco di tessuto psicologico, è il carteggio con la contessa d'Albany. Il Foscolo di volta in volta la informa di ciò che succede in Francia, secondo le notizie che riportano i giornali di Parigi, e da noi, secondo le notizie che a lui giungono per oblique lunghissime strade , e le descrive a cuore abbandonato il suo doloroso travaglio nel dover assistere, a Milano, allo spettacolo osceno dei voltafaccia politici, delle ipocrisie convenzionali, dei pavidi bisbigli, delle contraddizioni, dello stolto orgoglio; di tutto il pandemonio, insomma, degli imbecilli inscienti di ciò che si vogliono e Infine di nulla facienti e spesso dà in ìmpeti di sdegno per la nullità di ogni sforzo, perchè la patria sua è or fotta sol più un cadavere che non va tocco né mosso più ornai per non provocarne più tristo il fetore .