Rassegna storica del Risorgimento

PEDROTTI PIETRO
anno <1956>   pagina <801>
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Libri e periodici 801
La conclusione cui giunge l'A. dopo un ampio esame degli scritti del Castelli e della sua vita parlamentare è che egli fu un moderato, ma di un moderatismo rotto non già di un passeggero entusiasmo quale era stata la sua giovanile sim­patia per il mazzinianesimo (durata invero sino circa il 1834), ma di un maturo giudizio rispettoso di ogni idea politica, anche di quelle contrastanti con la propria. Egli non concepiva la moderazione se non nel progresso (e questa fa, a mio avviso, una delle sue caratteristiche più notevoli), dove i partiti son dichiarati operanti e dove tutto è moto e cangiamento e mediante il quale soltanto è possibile che ai tempi si adeguino le istituzioni. H Talamo ritiene che il pensiero del Castelli abbia risentito assai l'influenza bai Imma. Su alcuni punti indubbiamente, quali l'assoluta priorità data all'indipendenza, da lui pure considerata necessaria per l'avvento della nazionalità, e l'utopistica credenza nella non lontana caduta dell'Impero ottomano con il conseguente inorientarsi della politica austriaca. Ma su altri molti, e di rilievo, pare a me che notabile sia il divario, almeno sino al 1847, al tempo, cioè, delle Speranze d'Italia e delle Lettere politiche a Luigi Carlo Farmi, nei quali scritti il Balbo non ha ancora chiaro il nesso tra libertà e autorità, tra libertà e ordine e ancora manifesta apertamente il suo fervido cattolicismo e il suo legalitarismo aristocratico e
Econservatore. Nel programma dell'ordinamento politico il Castelli evidentemente lo sorpassa. Ne fan fede, tra l'altro, l'altissima funzione che egli attribuisce alla stampa per la moralizzazione della libertà e che egli vorrebbe indipendente, sia pure con le necessarie cautele, e rispccchiante le più, diverse tendenze, e vorrebbe fosse diffusa anche la stampa straniera radicale, perchè le opinioni false o esa* gerate sulle nostre condizioni... i fatti travestiti e gli errori in cui essa cade a nostro riguardo non deve produrre altro effetto, da noi, che quello di far risplendere più viva la verità; la grandissima importanza che egli dà nello Stato, al ceto' medio pensante, attivo e crescente e forse tante volte validissimo aiuto alle monarchie, cui spetta il dovere non solo della costanza, della pru­denza e della moderazione , ad imitazione della borghesia francese, ma di scuo­tere l'indifferenza politica causata dall'ignoranza e dalla paura; e, particolar­mente, la necessità, da lui intravista, di conciliare il diritto divino con il diritto popolare mediante una costituzione o legge fondamentale, per hi quale la per­sona del re sia, sì, sacra e inviolabile, ma appartengano a lui solo il potere esecutivo, il comando superiore dell'esercito, la potestà di far trattati e bandire la guerra, e solo i suoi ministri siano responsabili e tocchi ai cittadini di con* correre a far leggi e stanziare le annue imposte e abbiano essi il diritto di pubblicare le proprie opinioni senza censura preventiva. Si ricordi al proposito quel che scriveva nel capitolo X delle sue Speranze il Balbo (e ripeteva testualmente nella 3a edizione accresciuta, uscita a Capolago nel 1845, appena due anni prima dei Saggi del Castelli): Ridotta ai principi la decisione del passare o no a un governo deliberativo sarebbe utile passarvi? È una decisione piena di pericoli, feconda di discussioni, distraente dall'impresa d'indipendenza . (Perchè i chiodi su cui batteva allora con insistenza quasi fanatica il Balbo erano: indipendenza e religione). Le assemblee deliberative o parlamenti (cosi continua) vivono delle opinioni diverse e divise. Queste sono la loro essenza.
E si abbia ancora a mente che mentre il Castelli era ben favorevole alle manifestazioni inaspettate, chiare, solenni, fatte per essère capite dagli amici e dai nemici , quali quella del Piemonte del 2 maggio 1846 e, a Roma, quella fatta dal popolo in esaltazione del nuovo pontefice (e non credo che il Castelli fosse neo-guelfo), il Balbo condannava in massa le dimostrazioni esplicitamente e non ammetteva nemmeno le buone per lo scopo, nemmeno le moderate per i modi, nemmeno le festive e le plaudenti se non di rado, e per eccezioni , Egli le considerava tutte pericolose, perchè portavano in piazza affari, specie di politica estera, che anche nelle nazioni a reggimento costituzionale sono lasciate