Rassegna storica del Risorgimento

PISACANE CARLO
anno <1957>   pagina <4>
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4 Raffaele Colapietra
metodologia storiografica e della sua filosofia della rivoluzione. Ora a me pare che di questa decisiva precisazione possa farsi a meno, rivedendo talune delle più interessanti e fondamentali concezioni del Pìsacane su determinati argomenti alla luce dei due canoni capitali dell'individualismo , non tanto del sìngolo, quanto soprattutto del popolo come ente organico e filosofica­mente considerato, e della libertà, intesa come espressione poderosa, natu­rale, spontanea, non inceppata da vincoli o reticenze, della propria indivi­duale personalità, del proprio io che diventa protagonista dell'azione e motore di essa, ma sempre sotto l'influsso determinante di forze incontrolla­bili e fatali, che sospingono grado a grado le moltitudini, ed hanno bisogno del singolo individuo come mezzo, come esempio, come sintomo anticipatore ed ammonitore di terribili, inevitabili eventi. In conclusione, resta sempre assai lontana dal Pisacane la concezione dell'uomo che fa, che crea la storia, la figura dell'agitatore rivoluzionario che fa ridestare nel cuore delle folle sentimenti sopiti o ne fa sorgere dei nuovi, il profilo della complessa macchina che prepara ed inizia lo scoppio insurrezionale. Vedremo come egli non disde­gni di delineare una propaganda spicciola per ingraziarsi concretamente l'animo ottuso e corto della stupida plebe:1) ma si tratta di un piano prosaico, frammentario, contingente, che non ha la benché minima influenza determi­nante sul concreto svolgessi degli avvenimenti, che seguono rigidamente la loro strada arcana, prevedibile sì, ma non manovrabile. E pertanto a Sapri il Pisacane non si reca, non si può recare per dare inizio alla rivoluzione materiale, che dovrà infallibilmente succedere a quella morale, già in atto e che s'allarga e si rafforza sempre più. Egli non spera comprensione né aiuto dalle popolazioni, ancora in uno stato immaturo di coscienza e di prepara­zione. H suo gesto è perciò un sanguinoso episodio della rivendicazione iso­lata della libertà individuale contro la tirannia, ha uno spiccatissimo carat­tere di protesta morale, d'un'assolutezza quasi alfìeriana, di carattere stretta­mente, anzi ostentatamente personale, di ribellione d'una coscienza. Ma non si deve commettere l'errore di vedere in questo atteggiamento di perfetta eticità settecentesca una modifica di punto di vista nel quadro della filosofia della storia del Pisacane, e soprattutto della sua teoria della rivoluzione: questa prosegue il suo cammino sotterraneo ed inesorabile ed eromperà sol­tanto nella pienezza dei tempi, travolgendo con sé le moltitudini e sommer­gendo i singoli individui.
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L'individualismo del Pisacane non ha nulla di postromantico, di fau­stiano, di avveniristico: non v'è in esso una concentrazione intensissima di facoltà umane spinte all'estrema tensione del prometeico e del demiurgico, al confine del divino, ma vi si riscontra invece il fondamento, diremmo, naturalistico, classificatorio, naturale portato dell'astratto schematismo del razionalismo, iflummiatioo, condotto dall'autore sul pratico terreno della
l) L'epiteto di stupidu umiferi io alla plebe ricorro con assoluta regolarità. A p. 83 dai Saggi si dico penetrantemente di OBBO ohe è moderatissima nelle pretese, terribile nel-l'esecuzione, inetta al governo (sic: non potrebbe meglio risaltare lo squisito astrattismo ideologico della teoria della comunità dirottamento sovrana).