Rassegna storica del Risorgimento

PISACANE CARLO
anno <1957>   pagina <5>
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Qualche appiatto su Pisacane 5
filosofia della storia e della prassi rivoluzionaria. Abbiamo, quindi, innanzi tutto, e preminentemente, la concezione dell'individuoNazione, bene e sal­damente delineata contro il cosmopolitismo francese, verso il quale costante e battagliera è la polemica.*) Ed è un individualismo, si badi bene, di stampo rigidamente monadistico, chiuso, direi barricato in se stesso, refrattario ad ogni impulso del mondo esterno, che porta in sé la peculiare, particolare ragion d'essere della propria circoscrìtta rivoluzione su misura. Leggiamo questa -pagina del Disegno dell'Opera, nell'introduzione ai Saggi: Ogni Nazione ha il proprio essere, la propria coscienza, che risulta dall'indole del popolo, dalle tradizioni, dalle condizioni presenti, dalle aspirazioni ad un avvenire, e la rivoluzione altro non è che la Ubera manifestazione di queste facoltà nazionali, non trasmissibili da nazione a nazione (asserzione conva­lidata poco più avanti, a proposito d'un caso specifico, quando si precisa che occorre determinare l'avvenire d'Italia senza imbastardire la nostra recisa nazionalità: concetto di educazione popolare i cui sviluppi segnaleremo più in là). Questo concetto di rigoroso isolamento, che sembra allineare i popoli lungo tante direttrici ben definite e distinte, segnate a ciascuno dal proprio genio nazionale, inconfondibile con gli altri, distingue l'individuali­smo nazionalistico e fisiologico del Pisacane dalle generiche concezioni della filosofia romantica, in cui vibra ancora così forte la nota della fratellanza e della mutua e scambievole compartecipazione ideologica. La Nazione del Pisacane, invece, deterministicamente individuata nella sua personalità dall'irresistibile influsso di elementi connaturali, indistricabili dall'esser suo e non comunicabili, sembra vivere in un mondo sospeso, in balia delle ferree leggi della propria natura. E quindi il disprezzo e l'avversione per tutti gli altri popoli, e per ogni modello prefìsso di popolo-guida (è risentitissima la polemica contro la rivoluzione francese, che si è snaturata passando i confini) e finalmente la celebrazione della guerra, non accolta soltanto come necessità inevitabile, utile o nociva che sia, ma caldamente invocata per riaffermare e cementare l'unità nazionale (Dottrina della Nazione Armata, Genova, 1858, p. 140: I nemici sono a noi necessari e bisogna desiderare che il giorno del nostro Risorgimento gli stranieri, qualunque lingua essi parlano, addensino contro di noi le loro schiere, per darci campo a debellarli e misurarci con tutti). Questo motivo individualistico del popolo come entità chiusa a sé stante, come organismo in sé compiuto e perfetto, non può che cozzare contro le prepotenti esigenze dell'individuouomo, del singolo come tale, che rivendica la sua autonomia sul terreno economico, la sua li­bertà su quello politico e la sua indipendenza di giudizio e di scelta sul ter­reno militare. Bisogna tener fermo che questo contrasto, la cui gravità non può sfuggire al Pisacane, è da lui costantemente risolto a favore dell'ente collettivo, con la teorìa dell'uguaglianza economica, da un lato, con la critica al concetto d'autorità in campo politico e con la dottrina della libera elezione revocabile in campo militare, che rende la collettività anonima assolutamente sovrana e giudice dei suoi componenti. In tale concezione l'individuo umano
J) Senza parlare della celebrazione dei Vespri pagina gloriosa di noBtra storia , nel Saggio leggiamo esplicitamente; Rispettiamo tutti i popoli, ma senza ammettere né popoli modelli ne popoli arbitri delle sorti d'Europa .