Rassegna storica del Risorgimento

1860 ; MEDICI GIACOMO ; GARIBALDINI
anno <1957>   pagina <105>
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Alfredo de Donna 105
Garibaldi, il Re rimase oscurato non perchè lo meritasse, ma perchè Vano con Valtro si completavano, e non era giunto il momento della separazione... Ed ora che tutti e due sono partiti, 'sai che cosa dicono? Garibaldi è venuto, ha fatto tutto, e sene è andato. È venuto il Re, e come è venuto è partito... Come si può in buona coscienza pretendere che Garibaldi resti, con attorno Farini, Fanti, Lafarina e tanti altri?... Il fatto più essenziale, quello che si doveva valutare si è che essi s'erano già urtati con Garibaldi, e che la combinazione di rimanere assieme era divenuta impossìbile... Garibaldi dunque fece bene ad andarsene. Ma si dice, come poteva rimanere? Poteva rimanere, se si fossero tenuti lontani li altri uomini. E a costo di ripetermi porrò ancora la questione in questi ter­mini. Era più utile di adoperarsi a far rimanere Garibaldi, escludendo li altri uomini politici; od era meglio mettere avanti [gli altri?} per creare la ne­cessità al primo di ritirarsi?... Garibaldi è uomo eminentemente popolare di istinti democratici; ma con tutto questo è Vautorità incarnata, ed ha bisogno di esercitarla intera, assoluta. La esercitava in nome del Re, col consenso della nazione, e non poteva nuocere anzi, come ho detto, avrebbe giovato... Il periodo di transizione di cui ho parlato, doveva durare fino alla convocazione del parla­mento nazionale... Dopo Garibaldi venne la volta dell'Esercito di cui egli era capo. Lo scioglimento dell'Esercito meridionale fu cagionato: 1 dal ritiro di Garibaldi; 2 dalla risoluzione del Governo di non volerlo mantenere; non esito a dichiararlo, tutti due questi motivi portano in sé stessi la loro condanna.
Qualche parola di commento ci sarà consentita. La critica serrata del generale Medici, nonostante la sua avversione alla politica di Agostino Bertani, ne sottolinea la implicita valorizzazione morale e storica. Gli educatori della coscienza nazionale erano giunti a Napoli non per cercare onori, o conseguire utili personali; essi fecero corona intorno a Garibaldi finché riuscirono a dargli utili consigli a non fare della liberazione del Mezzogiorno un'impresa fine se stessa, ma una leva potente per il compimento dell'unità, che sarebbe ri­masta mutilata senza Venezia e senza Roma. I consigli dei fanatici dell'uni­tà costarono a Garibaldi Aspromonte e Mentana; ma anche quelle furono tappe necessarie alla storia. Se, dunque, Garibaldi, come avvertiva il Medici, sapeva quale fascino esercitava il suo nome sulla gioventù italiana e sulle legioni dei volontari che lo seguivano, forse non comprese mai quale folle paura della sua popolarità ebbe sempre la casta militare, che serviva la mo­narchia con grettezza di mente, del tutto superflua a difendere una causa che nessuno metteva in discussione. Ma nel misurarsi con quella popolarità, cauteloso, mellifluo ed aggressivo insieme, Cavour raggiunse la perfezione e seppe assicurarsi un completo successo. Era necessario per servire fedel­mente la causa monarchica disgustare Garibaldi, che aveva giurato sul motto Italia e Vittorio Emanuele ? H monarchico Giacomo Medici ha risposto che non era necessario. Una testimonianza di più, dunque, ad un processo storico che è già stato fatto, e di un uomo che, se conservava affetto per l'an­tico generale, ai coi ordini si era battuto nella difesa del Vascello, non nutriva certo scarse tenerezze per la monarchia, diventata oramai per lui e per tutti simbolo dell'unità nazionale. Perlo meno, avrà pensato il generale monarchico il re, nell'incontro di Teano, sarebbe stato pulitamente magnanimo senza la inutile villania che ancora gli rinfaccia la storia.
ALFREDO DE DONNO-