Rassegna storica del Risorgimento

CADDEO RINALDO
anno <1957>   pagina <135>
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Libri e periodici 135
ette, come ognun sa, dopo due altre sedute agitatissime si dovettero intòrrom-pere i lavori. Il Bruck aveva chiesto, con stupore dei plenipotenziari piemontesi e dello stesso Radelzky, le coi proteste non valsero a nulla, nientemeno che la somma di 200 milioni, mentre (ed è cosa che sino ad ora si ignorava del tutto) l'articolo primo aggiunto e addizionale del progetto di pace preparato dal prin-cipe Schwarzenberg e trasmesso al Bruk il 2 aprile (e cioè 11 giorni precedenti la prima riunione dei plenipotenziari) diceva testualmente: * A questo proposito deve essere naturalmente lasciato un ampio gioco alle trattative, per cui la somma di 50 milióni di fiorini (130 milioni di franchi) deve essere considerata come il massimo e 20 milioni ( rispettivamente 50) come minimo . Peraltro, per amor del vero, conviene informare i lettori che la proposta non fu affacciata, come si crede, di primo acchito dal Bruck, ma in seguito all'ingenua confidenza, espressa dai nostri plenipotenziari prima che il Bruck facesse la strabiliante offerta, che il governo sardo era disposto a concedere al duca regnante di Parma un adeguato compenso in danaro qualora si addivenisse, per interessamento dello stesso Bruck, all'esecuzione immediata degli accordi del 1844 nella parte riguardante la suc­cessione del Piemonte. L'atto inconsulto non solo irritò il nervosissimo plenipo­tenziario, ma gravò di poi, come acutamente annota il Filipuzzi, su tutto l'anda­mento delle trattative, perchè il Bruck, convinto sin da quel momento che il Piemonte potesse pagare la somma da lui proposta e nicchiasse per indurre a poco a poco l'avversario a più concilianti pretese, tenne duro sempre (il che contribuì a mandare le cose per le lunghe e a giungere spesso quasi alla rottura) e non cedette che quando, come vedremo in seguito, ne fn costretto dai richiami severi dell'Austria.
Non è il caso che ripetiamo qui fatti già messi in luce da studiosi nostri che si occuparono dell'avvenimento: interruzione delle sedute; ritorno a Torino dei plenipotenziari sardi; occupazione della città e fortezza di Alessandria e rela­tive ripercussioni in Piemonte; mutamento della compagine ministeriale, ma dovuta (aia ben chiaro) non alle pressioni dei democratici, ma a un dissidio sorto tra il De Launay e i colleghi di gabinetto per certe nomine in diplomazia. Piut­tosto è opportuno richiamar l'attenzione su alcune circostanze ignote o trascurate sino ad oggi, le quali giovano a meglio comprendere il processo ulteriore della vicenda. Mentre si discuteva a Milano sull'indennità di guerra e già il ministro Bruck (e non De Bruk, come si scrive da qualche nostro storico) aveva riferito a Vienna sulla cattiva volontà dell'avversario nel respingere le sue proposte, insistendo sulla necessitar per il buon diritto dell'Austria, di sostenere ad ogni costo le con­dizioni avanzate, il consiglio dei ministri austriaci, che si era riunito d'urgenza, disapprovava l'operato troppo deciso del plenipotenziario e con telegramma del 22 aprile trasmesso a Milano dichiarava che l'armistizio non doveva assolutamente essere denunciato e invitava il negoziatore a ridurre la cifra fissata nelle istru­zioni del 1 aprile a 40 milioni di fiorini come il massimo per lo stato e a 6 milioni a titolo di risarcimento dei danni a privati ed eventualmente a scendere ancora, se il caso richiedesse. Era un ben duro colpo per il vanitoso ministro, che si attendeva invece dalle autorità responsabili lodi e incoraggiamenti* Il telegramma però pervenne quando la delegazione sarda era già partita per Torino per ordine del De Lannnay. Di questa inattesa disposizione del governo di Vienna di far macchina indietro ai è recentemente volato trovar la ragione nell'opera della Francia. I/A, non nega che si sia adoprata la Francia a dar consigli a Vienna, e al Bruck a Milano, di moderazione e di prudenza; ina, in baso ai documenti da lui compulsati negli archivi viennesi, è in grado di affermare che altre forze maggiori determinarono la decisione del principe Schwarzenberg. Nelle istruzioni segrete che fecero seguito al dispaccio si richiamava la considerazione del Bruck sulla piega sfavorevole della guerra in Ungheria e sullo sviluppo delle operazioni nell'Italia centrale, il che richiedeva l'urgenza della conclusione della pace con