Rassegna storica del Risorgimento

1814-1848 ; AUSTRIA ; ISTRUZIONE PUBBLICA ; VENETO
anno <1957>   pagina <771>
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La politica scolastica deW Austria nel Veneto dal 1814 al 1848 771
Uà problema che presto preoccupò il Governo fu quello della prepara­zione di maestri idonei al proprio compito, per il raggiungimento di quei fini ohe da Vienna si attendevano dalla scuola.
H problema del metodo e della preparazione pedagogica degli insegnanti aveva cominciato ad imporsi solo alla fine del secolo XVIII. La Prussia, sempre all'avanguardia in questo campo, agli inizi dell'800 aveva dato il primo assetto ai suoi seminari pedagogici, il cui ordinamento si basava su una scuola di tirocinio, un corso triennale e viaggi di istruzione. In Austria si ora ben lontani da tutto questo e la preparazione dei maestri fu sempre uno dei lati più manchevoli di tutto il sistema. Infatti il problema venne cosi risolto. Fu annessa alla scuola normale (scuola elementare maggiore, che doveva servire di norma a tutte le altre) una cattedra di metodica e di catechetica. Il corso di metodica, che era affidato al direttore della scuola normale, verteva sulla conoscenza degli oggetti di insegnamento e sul modo di farli apprendere. Il corso di catechetica, che era diretto dal catechista della stessa scuola, era riservato ai chierici e aveva come oggetto l'istruzione reli­giosa e il suo insegnamento. I corsi erano semestrali per gli aspiranti alle scuole elementari maggiori, trimestrali per i candidati alle scuole minori. Dopo il corso gli aspiranti servivano un anno come assistenti, indi potevano sostenere* l'esame di idoneità. Come appare evidente tale preparazione dei maestri non poteva certo ritenersi sufficiente. Peggiore era la situazione delle maestre delle scuole femminili, per le quali non vi era alcun corso preparato­rio. Esse, per ottenere l'indispensabile patente, dovevano farsi istruire pri­vatamente sulle materie del corso di metodica, oltre che sui lavori femminili, e poi si presentavano a sostenere l'esame presso una scuola normale.
Dal maestro il governo esigeva che fosse buon educatore, buon cristiano e buon suddito, ma non lo poneva affatto nelle migliori condizioni per esserlo. Così, ad esempio, da una parte il maestro era esortato ad ampliare in ogni modo la sua cultura per assolvere meglio il suo compito, ma dall'altra non gli era concesso di scostarsi neanche minimamente dai prescritti libri di testo. Ma in particolar modo precaria era la situazione economica della maggior parte degli insegnanti elementari. Le rappresentanze comunali tollerano a stento questo aggravio (le scuole elementari minori) che credono quasi inde­bito e stipendiano i maestri con così misere mercedi, che spesso sdegnerebbe accettarle il più povero bracciante . Questo si legge nel Sacchi1) a proposito della situazione scolastica in Lombardia, ma si può applicare benissimo anche al Veneto. Non può dunque recare meraviglia il fatto che, un decennio dopo l'attivazione del piano di riforma degli studi elementari, in molti comuni veneti si lamentasse la penuria di maestri.
Il piano di riforma della istruzione elementare, elaborato per la prima volta con criteri organici, incontrò nell'attuazione pratica diverse difficoltà. L'ostacolo maggiore fu la grande miseria in cui giacevano molti comuni. Che se a Venezia o a Verona o a Padova si notò presto uno sviluppo nell'aumento delle scuole e degli alunni, ben diversamente andavano le cose in provincia. Infatti in parecchi comuni di campagna, date le pessime condizioni delle finanze locali, si ebbero solo delle parvenze di scuole. Ecco come il r. delegato
1) G. SACCHI, Studi statistici sull'istruzione popolare in Lombardia, Milano, 1858.