Rassegna storica del Risorgimento
DALMEDICO GIUSEPPE GIACOMO ; GARIBALDINI
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1957
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Federico A. Perini-Bembo
Durante l'interregno, nei primi mesi del 1866, si verificarono in Venezia numerosi casi di colora e l'appena quindicenne Giacomo prestò volontariamente servizio sanitario e d'ordine pubblico, nella provvisoria benemerita Guardia cittadina, con l'Austria ancora in città. Poco tempo dopo esultava per la liberazione della Venezia euganea, promuovendo con altri giovani alcune manifestazioni di giubilo, nelle quali non mancarono grida di Abbasso la caua ! , ') mentre compagnie- miste di popolani e di marinai. alcune con musica in testa, giravano per la città, inneggiando all'Italia e scandendo il monosillabo sì I ; talora domandavano ad alta voce, transitando per un campo: Si o no ? ed i passanti rispondevano: Sì ! , estraendo fazzoletti ed agitandoli in aria. La sera del 20 ottobre 1866 Giacomo era uscito con la madre, recando lui una grossa fibbia a foggia di SI sul cappello, lei un'uguale a mo' di puntappetto. Entrambi non avevano diritto al suffragio (l'uno per l'età, l'altra perchè donna), ma lo stesso avevano desiderato esprimere pubblicamente il loro più incondizionato consenso in favore dell'annessione al regno d'Italia con Vittorio Emanuele II re. Non era smemoratezza per le tradizioni della Serenissima, bensì spontaneo sentimento, aggiornata convinzione, realistica decisione che nei due giorni successivi tutto il popolo concorde espresse a mezzo del plebiscito.
L'anno appresso (1867), liberato il Veneto ed apertisi gli arruolamenti nei reparti garibaldini, Giacomo fu tra i primi ad accorrervi e certamente fra i più giovani: aveva solo 16 anni. Partecipò così alla campagna di guerra nell'Agro romano, combattendo a Mentana, dove fu fatto prigioniero, ma riuscì a fuggire ed a rientrare nelle proprie linee. 2) Accompagnandolo con parole di elogio, di cui Giacomo era legittimamente fiero, lo stesso Giuseppe Garibaldi volle regalare poi (2 febbraio 1889) all'adolescente camicia rossa un proprio ritratto con dedica; esso trovasi ora al museo Correr di Venezia ed è fra i più riusciti dell'invitto condottiero.
Ancora diciottenne (1869), essendosi recato coi familiari a Parigi, do* v'ebbe la ventura di avvicinare schietti amici francesi di Venezia e dell'Italia, sostenne la causa dei veterani veneti di Napoleone I, perorando una pensione in loro favore ed ottenendo l'interessamento ufficiale di quel governo.
Fin da allora egli emerse nella difesa dei diritti che oggi potremmo chiamare combattentistici, patrocinandone il riconoscimento soprattutto morale ed asserendo la funzione educativa ed esemplare dei sodalizi istituiti fra Ì reduci. Ritornato a Venezia, nel 1870, fu così tra i principali fonda-
1 ' Abbasso la cana ! j riferi va, per la somiglianza ad una smozzicata conno di camino, al cappello nero a cilindro che nel 1848 era stato impropriamente chiomato cappello alla Mettermeli e s'era attirato normalmente i fischi e i dileggi del popolo, quando non gli si rivolgevano conerò più solidi argomenti. Mi raccontavo Giacomo O. che, dopo i primi moti del 22 marzo 1848, cpiasi per reazione a miei copricapo* s'erano visti comparire in piazza S. Marco molti cappelli all'Emani ed olla calabrese e ohe suo padre ricordava comò tuttavia il Manin atesso voile comparire a passeggio col suo bravo cilindro in testa, per ammonire che a in libero città è libero a tutti vestire, andare, salutalo così come vogliono . La cana era rientrata nell'uso comune dopo il rientro degli Austriaci a Venezia, mentre* a liberazione avvenuta, perdette qualsiasi significato politico, por assumerne poi gradualmente uno sociale o, meglio, economico-sociale.
3) Della brevissima prigionia ricordava che un soldato avversario aveva puntato la baionetta contro un garibaldino, al che un officiale francese, scostandola di scatto, ingiunse con tono perentorio; Respectez les prisionnierB 1 .