Rassegna storica del Risorgimento

1848 ; MANIN DANIELE
anno <1957>   pagina <820>
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820 Angelo Ventura
rapporti del Manin con la Municipalità e con le diverse forze in campo (poco chiari nel racconto del Degli Antoni), si precisano in una visione più organica e convincente. Ne esce in evidenza il coerente e Incido atteggiamento del Ma­nin, non appartato in sterile isolamento, ma spregiudicato capo della rivo­luzione, che non rifugge dal servirsi anche della Municipalità, trascinandola, quando ciò gli sembri necessario, ma che non esita a distinguersi rigida­mente da essa, non appena la collaborazione rischi di compromettere, nelle panie del riformismo, il progresso del movimento rivoluzionario.
Il 17 marzo la situazione era già tanto avanzata, da far presagire la pos­sibilità d'un suo non lontano sviluppo insurrezionale. Manin se ne rese subito conto, appena liberato, e proclamò altamente, in faccia al Governatore au­striaco, il diritto, anzi il dovere del popolo di insorgere in tempi e casi solenni, segnati dalla Provvidenza.1) Ma accompagnò queste gravi parole con inviti all'ordine e alla moderazione.
Una rivoluzione non s'improvvisa. Egli probabilmente comprese che, se in quel momento avesse eccitato il popolo all'insurrezione, senza alcuna preparazione politica e militare, un facile massacro avrebbe spento sul na­scere la rivolta, aprendo le porte alla reazione, e compromettendo per lungo tempo ogni possibilità di riscossa. Perciò non si unì alle dimostrazioni di piazza, ma preferi mettersi all'opera per organizzare e dirigere il movimento. Non che egli si proponesse decisamente fin dal primo momento di scate­nare l'insurrezione: ma ne vide la possibilità e, lungi dallo spaventarsene, si preoccupò di predisporre i mezzi e l'organizzazione necessari a vincerla, mentre l'affrettava con la propria azione, spingendo il movimento su posi­zioni sempre più avanzate. Egli seppe nei due momenti decisivi, nella fase iniziale e in quella conclusiva del movimento, interpretare l'animo popolare, indicando per primo la via da percorrere e gli obiettivi immediati da raggiun­gere: ed è ciò, soprattutto, che fa a giusto titolo di Daniele Manin il capo rico­nosciuto e il principale artefice della rivoluzione di marzo.
Il primo obiettivo che egli propose subito dopo la sua liberazione, fu la costituzione di una Guardia civica. Questa avrebbe dato ai cittadini delle armi e un'organizzazione militare, facendo guadagnare legalmente molte posizioni. In un primo momento l'idea sembrò ai più irrealizzabile, ma egli vi insistè, convincendone gli amici, finché la mattina del 18 giunse in casa del Manin il deputato centrale Pietro Fabris. Questi, chiamato a consiglio dal Palffy, aveva detto di non saper cosa suggerire, ma che stava per recarsi da Manin per sentire il suo parere: ed il Governatore l'aveva approvato, sollecitandolo anzi ad attuare tale proposito.2)
rilevala dal CESSI (Come nacque la Repubblica di Venezia nel 1848 Frammenti e polemiche), in Archivio Veneto, voi. XLII (1948) pp. 3 sgg. in nota.
La lettera del Pineherlo a Manin dell'8 novembre 1849, fa pubblicata invece da G. STB-PANJ (Il centenario ddle A-ssicuraawni Generali di Trieste, pp. 145 sgg.), assieme agli estratti di due lettere del Pineherlo al Tommaseo, scritte nel ghigno 1859, in polemica col dalmata che aveva attribuito il merito della capitolazione fllI'Avcsuni; ma ho creduto opportuno ripub­blicarla, data la sua eccezionale importanza.
1) PLANAT DE LA FAYE, Documtuiii, eh., p. 97 sg.
2) Memorie del 18 mano (Documento 1). Non fa dunque il PaUFy che mandò ad officiare Manin, affinchè s'adoperaste a calmare l'agitazione, come afferma il Degli Antoni (Ricordi, citi p. 18).