Rassegna storica del Risorgimento
1848 ; MANIN DANIELE
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1957
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825
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Daniele Manin e la municipalità nel marzo 1848 825
Parlò pure Benvenuti e gli altri... Ma il Governatore fu irremovibile. Soltanto al momento che la deputazione stava per licenziarlo disse che potrebbe darsi che il Viceré accordasse ciò che non poteva accordar lui. Potrebbe darsi, in quanto che nemmeno nei poteri del Viceré era questa facoltà. E rivolgendosi al deputato centrale Fabris lo consigliava a rivolgersi a S. A.
Fabris rispose che lui non si sarebbe preso questa responsabilità (solita espressione di Fabris) da solo, ma che volentieri avrebbe accettato l'incarico quando gli venisse accodato qualche altro compagno ed osservò che il più opportuno sarebbe stato il Morosini li presente essendo egli rappresentante della città presso la Congregazione provinciale.
Il Morosini accettò ad onta che il Palffy adombrato forse da questa facile adesione facesse riflettere al Morosini che la missione di due funzionarj avrebbe il carattere di una commissione, che una commissione non si poteva spedire senza autorizzazione aulica, e che lui ed i deputati sarebbero stati compromessi per questa infrazione alle massime amministrative.
Il Morosini allora rispose, essere unicamente animato dal desiderio del bene della sua patria, assumersi qualunque responsabilità e che si sarebbe presentato a S. A. o in qualità di pubblico funzionario, o in qualità di privato cittadino, e che ut ogni maniera rinunziava anticipatamente a qualunque indennizzo di viaggio. A queste condizioni, benché a malincuore il Palffy aderì alla loro partenza, ed allora soltanto vedendo che l'orologio segnava oltre le 10 sollecitò perchè questa avvenisse colla seconda corsa della strada ferrata, trovando a quel momento soltanto opportuna l'urgenza.
Arrivarono appena a tempo della corsa (10 1/2) e fecero ritardare qualche minuto la partenza finché giunse il dispaccio che loro dava il Governatore. Non sapevano che il Viceré fosse a Verona. Lungo il viaggio alla stazione di Padova trovarono grandi lietezze, bandiere tricolori alla stazione di Padova e Vicenza, ecc. Giunti a Verona verso le 6, smontarono alle due torri dove (ignorandolo essi) era poche ore prima giunto il Viceré. Appena giunti chiesero di Cali il quale stava pranzando. Usci e avendo lasciato a lui il dispaccio dicendogli che da quello avrebbe rilevato l'oggetto della loro missione ebbero cenno di ritornare fra due ore.
Appena avevano cominciato a parlargli, s'udì uno strepito in istrada. Era una dimostrazione di popolo che voleva vedere il Viceré, e domandava la Costi' tuzione. Cali interruppe il colloquio per andare dal Viceré. Morosini approfi-tando del momento, cercando d'attenuare l'impressione che faceva a Cali questa dimostrazione gli diceva che era una languida immagine di ciò che succedeva a Venezia. Con intanto uscla molta truppa. Il Viceré si era fatto vedere. Ma a disperdere il popolo e la truppa, sopravvenne un forte uragano. Cessato il forte temporale, i deputali ripresero il colloquio con Cali che rimase fermo nella negativa 6 non volle introdurli dal Viceré che diceva disturbato per la dimostrazione avvenuta. Andò o finse di andare da S. A. e riportò nuovo rifiuto. In sul partire gli manifestarono il loro dolore per non aver potuto ottenere nulla. Gli dissero che pensasse, che la mattina sarebbero ritornati, che ottenesse loro udienza da
S.A,
Atte due dopo mezzanotte Cali mandò a chiamarli per la mattina di buon'ora. Andarono alle 6 e lo trovarono tutto mutato. Una staffetta giunta la notte, portando le notizie di ciò che era succeduto a Venezia nel di 18, aveva prodotto questo cambiamento. Il Viceré dopo la Messa li ricevè. Si scusarono di essere vestiti con