Rassegna storica del Risorgimento

1848 ; MANIN DANIELE
anno <1957>   pagina <831>
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Libri e periodici 831
precisi sui legami che sempre l'Àngelom mantenne con i suoi primi compagni di lotta.
Un discorso ben più lungo meriterebbero, invece, le conclusioni metodologiche alle quali perviene il G. Anche a proposito di esse cercheremo, per brevità, di ridurre al minimo il-nostro dire.
Innanzi tutto ci sembra doversi sottolineare l'esplicito superamento della vecchia interpretazione del triennio rivoluzionario inteso in quanto rivoluzione passiva e prodotto della imposizione francese da una parte o dell'imitazione pappagallesca di moduli ed esperienze che nulla avevano a vedere con la tradizione italiana dal­l'altra come un'escrescenza accidentale, sostanzialmente estranea al nostro svi­luppo storico e, pertanto, avente al massimo attraverso le figure di pochi eletti (i martiri napoletani, il Compagnoni inventore del tricolore ecc.) un valore morale. Tale superamento consapevole (i primi positivi frutti di esso, seppur per certi aspetti ancora un po' acerbi, si possono valutare per un altro settore della recentissima storiografia sul triennio nel bel saggio del Pinzi sull'opinione pub* Mica mantovana) il G. lo aveva già compiuto di fatto nei suoi precedenti studi: in essi, però, la vecchia interpretazione continuava a far capolino seppur ridotta a notazioni moralistiche e di costume, portandolo, talvolta, ad una non totale com­prensione di certi nessi e problemi più riposti. Che esso oggi sia totale e completo ci sembra dimostrato non solo dall'affermazione che per ben comprendere gli avvenimenti del *98-'99 occorre un'indagine differenziata delle classi sociali, che tenga conto non solamente delle loro condizioni di vita materiale, ma anche della loro evoluzione culturale e religiosa , ma dal modo in cui il G. vi giunge. Accet­tando cioè se non forziamo la lettera del suo dire l'interpretazione del blennio rivoluzionario inteso non solo come facente completamente e coerentemente parte del nostro sviluppo storico, ma anche come fatto al tempo stesso politico, sociale e religioso. Accettando e sviluppando cioè ima di quelle felici intuizioni del Canti-mori che stanno alla base dell'odierno risveglio di studi sugli avvenimenti e le ideologie del triennio rivoluzionario.
Solo partendo da un simile presupposto è possibile infatti, attraverso un esame d'insieme e al tempo stesso concretamente differenzialo delle varie forze storiche in atto, giungere a nostro avviso ad una piena comprensione degli avvenimenti del *96-*99 e della loro logica più profonda. Eliminando ci permetta il G. categorie interpretative pseudo storiche, come quella del fondamentale moderatismo della classe dirigente italiana (che è un dato di fatto, ma intendendolo come l'inten­deva C. Morandi e cioè come un punto d'arrivo e non come un punto di partenza di giudizio storico), e sostituendo loro invece una concreta valutazione del grado e del tipo di coscienza storico-politica delle nuove forze rivoluzionarie, soprattutto cercando di determinare sino a che punto queste forze veramente autonome da certe suggestioni ideologiche tipiche dell'avversario e quali capacità esse avessero di tro­vare adesione attiva e passivo, al loro programma nelle classi e nei ceti subalterni. Con il risorgere in questo dopoguerra dell'interesse per la storia del triennio rivo­luzionario dopo un lungo periodo di quasi incontrastato dominio dell'interpre­tazione esclusivamente etico-politica è sembrato dovesse in alcuni studiosi pre­valere la tendenza ad insistere evi una stretta correlazione tra il movimento demo­cratico di quel tempo e la situazione strutturale dell'Italia d'allora. Contro questa interpretazione altrettanto parziale e distorcenle dell'altra le pagine del G. costituiscono a nostro avviso un accorto segnale d'allarme. Tale interpretazione, infatti, non tiene conto di duo importantissimi fattori, apparentemente inconciliabili ma in realtà coesistenti. Primo* che gran parte di quegli ambienti (specie fuori della Lombardia), che diedero vita al movimento democratico del triennio, non si erano ancora determinati completamente su una base di classe, per cui è stato giustamente osservato che molti dei loro membri agirono più come individui che come esponenti di nn corpo sociale e politico particolare. Secondo, che tutta una