Rassegna storica del Risorgimento

1848 ; MANIN DANIELE
anno <1957>   pagina <840>
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è ricco di notizie (anche ec molte sono puramente strumentali e di cronaca) spe­cie intorno ad emigrati o poco o mal conosciuti o quasi del tutto dimenticati oggidì (notevoli in particolare sono i capitoli, invero i soli propriamente origi­nali, relativi all'attiva partecipazione spiegata dai prelati pontifici al definitivo assetto politico del Belgio) ; ma dobbiamo dire (e spiace) che l'opera, nel com­plesso, difetta, condotta com'è con andamento piuttosto episodico, di organicità, ma soprattutto di scavo; e non è immune da errori, anche gravi, di valutazione, dei quali faremo cenno a suo tempo. Mi preme anzitutto rilevare che, come risulta dal confronto con l'accuratissima pubblicazione del carteggio integrale Berchet-Arconati, dì cui è comparso testé il primo volume, ') lo Scioscioli non ha sempre fatto attento uso del fondo berchettiano sì da contribuire alla deli­neazione ben definita, particolarmente sotto l'aspetto cospirativo e politico, del­l'immagine del poeta, aspetto che raramente, o di sfuggita, è trattato nelle sue biografie, anche se alcune di esse, ad esempio quella del Li Gotti,2) abbiano pregi indiscussi. E pure una più sicura precisazione sarebbe desiderabile sui caratteri, nelle loro relazioni e nei loro riflessi, e sui singoli orientamenti ideologici delle persone (e molte di primo piano) che frequentarono il castello di Gaesbeek o vissero maggiormente a fianco della marchesa Gostanza, della quale FA. fa risal­tare, sì, a tratti, la magnanimità dell'animo, ma non a sufficienza l'agilità e la duttilità del pensiero, specie nel periodo da lui esaminato in questa parte del suo lavoro, durante il quale essa cominciò a intravedere più chiaramente dei molti suoi proseliti come probabilmente ai sarebbe sviluppata la questione italiana. Troppo rapidamente svolti, come già nei precedenti volumi, son anche i rapporti che il Berchet ebbe con gli intellettuali negli anni passati tra le aule universitarie per accompagnarvi il marchesino Carletto: argomento tutt'altro che inutile per una conoscenza più larga della vita culturale in Europa prima del '48.
Peraltro abbastanza chiarito è il raggruppamento degli esuli nostri nel Belgio. Essi, a detta delI'A., eran distinti per Io più per regioni o per famiglie, sia per motivi di affinità di posizioni dialettiche e di costumanze sia, e soprattutto, per una maggiore facilità nell'affrontare i disagi economici, poiché molti si trovavano in dolorose ristrettezze. Non c'era invero molto contatto tra i vari gruppi. Così se ne stavano appartati per lo più a Gaesbeek gli Arconati (il castello, la cui costruzione primitiva risaliva al 1200, era poco lontano da Hall e distava poche miglia da Bruxelles) e se ne allontanavano soventi per viaggi all'estero (soprat­tutto la permanenza a Berlino prima, e poi ad Heidelberg, ma di ciò tace l'A.,
per la notorietà dei suoi lavori scientifici, fu nominato segretario del Comitato belga per la colonizzazione. È strano però che non abbia anche ricordato (ed è detto diffusamente nelle Memorie ) che nel giugno del 1850 egli fu eletto con­sigliere provinciale del Brabante (nel Belgio le elezioni amministrative assumevano allora molta maggiore importanza delle elezioni politiche) e che per 4 anni tenne con generale soddisfazione il lusinghiero mandato. È da leggersi al proposito il SUCCOBO articolo di Robert van Nuffel nel fascicolo I-HI del 1954 di questa rivista. Ma é più strano ancora che l'A. mentre cita lo studio del Malvezzi sulla princi­pessa di Belgioioso, dimentichi (e com'è possibile ignorarlo?) l'altro, ben più interessante, dello stesso sul Risorgimento italiano in un carteggio di patrioti lom­bardi (182040), edito nel 1924 a Milano, e cosi ricco di documenti, specialmente utili, tra l'altro, a meglio illuminare (ciò che non ha fatto l'A*) la personalità spiccatissima di Margherita Trotti Collegno, di cui non tono state ancora debita­mente valutate l'acutezza dell'ingegno e la vastità della cultura.
lì G. BERCHET, Lettere alla marchesa C. Arconati, a cura del citato van Nuffel (Istituto per la storia del Risorgimento, 1956).
*) GIOVANNI BERCHET, Firenze, La Nuova Italia, 1933.