Rassegna storica del Risorgimento
1848 ; MANIN DANIELE
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1957
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844
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844 Libri e periodici
penisola, e perchè, mentre il Ligure aveva sempre predicato come necessaria al risorgere dell'Italia a nazione l'unità, ma questa appariva ancora quasi a tulli un sogno, il federalismo patrocinato dal Torinese sembrava una soluzione auspicabile e sollecitamente possibile ad una larghissima accolta d'Italiani. E ancora, che l'Omo* deo, che non fu certo un ammiratore del Gioberti, da Ini tacciato (concorde sn questo punto con la scuola crociana) nientemeno che di machiavellico , ammette luì pure lHnsufficienza del metodo mazziniano nel '48, per quanto profondo sia stato il motivo morale dell'agitatore, poiché non bastava morire, ma conveniva opporre accorgimento ad accorgimento e ghermire le situazioni e piegarle e ottenere dal vinto il riconoscimento del vincitore.1)
L'A, promette di dare quanto prima alle stampe il 3 volume della grossa opera sua, nel quale par voglia dimostrare che le due campagne del '48 e del '49 ci avrebbero dato sicuramente l'indipendenza se non vi si fossero intrufolati e messi a capo uomini inetti, pusillanimi e imbecilli . Son davvero parole audaci che avrebbero bisogno, se mai, di una nuova documentazione copiosa, valida e coscienziosa. Per intanto mi permetto di obiettare che al fallimento del quarantotto contribuirono senza dubbio la infelice organizzazione dell'esercito piemontese e gli errori molteplici commessi dai suoi dirigenti, ma che ad essi si accompagnarono altre gravi magagne non solo piemontesi} quali la cattiva volontà degli alleati e la pessima condizione delle loro truppe; la vuota retorica e la faciloneria (male da cui non ci siamo ancora purtroppo liberati) di gran parte degli Italiani di fronte alla tremenda difficoltà dell'impresa; la non omogenea formazione della coscienza civile; i particolarismi regionali; l'indifferenza delle masse popolari e (siamo sinceri) i dissensi in seno agli stessi partiti avanzati.
Comunque, concludendo, vorrei consigliare fraternamente allo Scioscio'li di dare per l'avvenire alle sue ricerche, cui egli si dedica con lodevole amore, una impostazione più solida più approfondita più disinteressata si da ricavarne frutti più certi e più duraturi. MARINO CIRAVEGNA
RAFFAELE V. FOA, L'arte e la vita in Giuseppe Mazzini - Studi letterari e filosofici; Genova, Associazione mazziniana italiana, 1956, in 8, pp. 270. S. p.
È l'opera postuma di un fervente repubblicano, assetato, per tutta la lunga vita travagliata, (mori più che ottantenne a Torino nel 1955) di scienza e di fede. Pensata e scritta circa chiquun l'unni fa, vede solo ora la luce con il patrocinio dell'Associazione Mazziniana Italiana in un'elegante edizione, preceduta da caldi cenni biografici dell'amico fedelissimo Terenzio Grandi. Ed è opera ben meritevole di essere conosciuta, anche se alcuni giudizi (ed è naturale) son ormai superati dalle nuove copiose indagini e dalle nuove vedute estetiche, soprattutto perchè il Mazzini vi è studiato come scrittore e critico sui testi diretti originali e non isolatamente, come di frequente si suole, ma in istretto rapporto con tutto lo svolgimento progressivo del suo pensiero e della sua complessa azione sì che n'è risultata una ricostruzione armonica, e in più punti suggestiva, della sua piena personalità.
Il libro è diviso in due parti: nella prima l'A. espone quanto su Dante scrìsse il Mazzini o più propriamente come la figura di Dante si presentò alla sua mente influenzandone l'intera concezione della vita; e nella seconda accompagna il Mazzini dal Foscolo, che forse fu dei contemporanei il più vicino al suo spirito, lungo la storia letteraria dell'epoca, italiana e straniera, sino al '48, o poco più
*) Vedi del LEVI, Mazzini (Firenze, Barbera, 1955, p. 121) e deli'OMODo, Vincenzo Gioberti e la sua evoluzione politica (Torino, Einaudi, 1941, p. 14).