Rassegna storica del Risorgimento

CARLO ALBERTO RE DI SARDEGNA ; SARDEGNA (REGNO DI) ; STATUTI
anno <1958>   pagina <30>
immagine non disponibile

30
Emanuele Flora
domandò per quale ragione era stato modificato il ministero e se era vero che era stato ordinato all'esercito di entrare in Toscana. Rispose Chiodo che il consiglio dei ministri non aveva mai deliberato di intervenire militarmente in Toscana. E insistendo il Depretis per conoscere le ragioni del mutamento del governo, il ministro Sineo disse che la cagione della modifica del ministero non aveva nessun seguito, era un fatto compiuto oramai: vi era stato un dis­senso, ed il dissenziente era uscito dal governo. La cosa sarebbe finita li, se lo stesso Gioberti non si fosse levato a parlare. Disse che non poteva spie­gare le ragioni delle sue dimissioni, ma che quando Io avrebbe fatto i suoi opponenti sarebbero stati ridotti a rossore. Di fronte a così grave e miste­riosa accusa, Rattazzi si senti in dovere di replicare e rivelò alla camera che il Gioberti si era dovuto dimettere perchè tutti gli altri ministri erano con­trari alla sua proposta di intervento in Toscana. È naturale che una così grave questione dovesse suscitare una vivace discussione politica. Alla fine la camera 'votò un ordine del giorno nel quale riconobbe che il ministero aveva bene interpretato il voto della nazione.x)
* * *
E venne la brumai Novara e mai come allora lo statuto parve una gra­ziosa concessione sovrana. H nuovo re, Vittorio Emanuele II, avrebbe po­tuto sopprimerlo sol che lo avesse voluto. Di qui il mito del re galantuomo. Ma fu proprio il sentimento dell'onore a indurre il giovane sovrano a man­tenerlo o non fu invece calcolo politico ? Non è facile dare una risposta. Certo è che egli protestò subito la sua fedeltà alla costituzione. Ma così avreb­be dovuto fare in tutti i casi, non fosse altro che per non privarsi di un atout nelle trattative di pace con l'Austria. Secondo le fonti austriache egli si im­pegnò col Radetzky, a Vignale, a romperla col radicalismo e a riafferrare con polso fermo le redini del governo sfuggite alle deboli mani di suo padre. 2) Ma l'avocare a sé l'effettiva direzione degli affari non era in contrasto col concetto che egli aveva degli ordinamenti costituzionali. 3)
1) Si può concludere che sotto Carlo Alberto si ebbero delle astratte affermazioni di princìpio in senso parlamentare.
*) Cfr. lettera di Hess a Dabonnida del 10 agosto 1849 in A. COLOMBO, Gli albori del Regno di Vittorio Emanuele II, Roma, 1937, p. 36.
8) È certo oramai che nel colloquio di Vignale non si parlò neppure dello statuto, e che il Radetzky si rese conto che non bisognava gravare troppo la mano per evitare, per quanto possibile, un conflitto del re colle camere, se non addirittura coll'escrcito piemontese. Il Re, scrisse il maresciallo, ebbe ieri l'altro, nel pomeriggio, un personale colloquio con me agli avam­posti, nel quale dichiarò apertamente la sua ferma volontà di volere, da parte sua, dominare il partito democratico-rivoluzionario, al quale suo padre aveva lasciato briglia sciolta, còsi che aveva minacciato luì stesso e il suo trono; e che per lare questo gli occorreva soltanto un po' di tempo, e specialmente di non venire screditato all'inizio del BUO regno, altrimenti non avrebbe potuto trovare nuovi ministri dabbene. Questo era il motivo principale per cui do­veva desiderare il cambiamento del punto relativo alla fortezza di Alessandria nelle condi­zioni dì armistizio, dal momento che l'occupazione por opera nostra di tutta la piazza di Ales­sandria oltre che della cittadella, unica piazza d'armi da lui posseduta nel Piemonte, gli avrebbe alienato sia gli animi dell'esercito, di cui aveva bisogno per la conservazione del trono, sia quelli del popolo, sia quelli delle Camere. Questi motivi sono tanto veri, che io non potei metterli