Rassegna storica del Risorgimento

CARLO ALBERTO RE DI SARDEGNA ; SARDEGNA (REGNO DI) ; STATUTI
anno <1958>   pagina <35>
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Lo statuto albertino e Vavvento del regime parlamentare 35
Vittorio Emanuele tentò di resistere, e si illuse in tua. primo tempo di poter tenere Cavour lontano dal potere.l) Ma il Balbo, incaricato di formare il ministero, non se la sentì di governare contro la maggioranza della camera.2) E allora il re si arrese e chiamò Cavour.
Nella lettera al Pantaleoni del 26 ottobre 1852 8) il d'Azeglio dà il quadro del momento politico. Cavour, egli dice, è padrone lui della situazione ... il Ministero non potrebbe fare né più né meno di quello che volesse lui; e sic­come di fatto si troverebbe Presidente del Consiglio senza averne la respon­sabilità, così è meglio che lo sia con la responsabilità ,
I tempi di Moncalieri sono oramai lontani. Non si può pia governare senza la maggioranza della camera.
Qui si inquadra il dissidio tra il re e il uuovo capo del governo. *) Vitto­rio Emanuele e Cavour rappresentano due mondi diversi, due opposte con­cezioni. Educato alla scuola del diritto divino, il re vuol contenere la vita costituzionale entro i limiti dello statuto; Cavour, invece, mira al consolida­mento del regime parlamentare. Il suo stesso avvento al potere segna una sconfitta per il re. E naturale che Vittorio Emanuele non possa avere sim­patie per colui che più di ogni altro colia sua azione politica contribuisce a ridurre i poteri che lo statuto albertino dà al re. Le ricerche di archivio po­tranno illuminare i rapporti psicologici, potranno gettare nuova luce sui particolari, ma la causa prima del contrasto è nel fatto che il Cavour non è il ministro che gode la fiducia del sovrano, ma il suo antagonista. Di ciò i contemporanei ebbero scarsa coscienza. Il re fece bonne mine à mauvais jeu; Cavour che concepiva la monarchia secondo il modello inglese, non poteva certo abbassarne il prestigio. Il re doveva occuparsi sempre meno della effet­tiva direzione politica del paese, ma per ciò stesso doveva saure suH'Olimpo.
Vi è una lettera di Vittorio Emanuele a Pio IX del 9 febbraio 1855, pubblicata da padre Pirri,5) che getta uno sprazzo di luce sulle vicende di quegli anni. Forse, scrive il re, fra brevi giorni questo ministero Cavour cascherà, ne nominerò uno della destra e metterò per condizione sine qua non che mi si venga al più presto ad un totale aggiustamento con Roma . )
Vittorio Emanuele ha la consapevolezza di non poter congedare il mini­stero Cavour. Egli sa che perchè il governo possa cascare, occorre un voto contrario del parlamento. I rapporti di forza si sono capovolti dai tempi di de Launay e di d'Azeglio. La facoltà del re di revocare i suoi ministri (art. 65 dello statuto) è lettera morta. E tuttavia egli spera in una ripresa, spera di
1) Cfr. GHIAIA, Lettere cit., p. CCCLXXn-CCCLXXV. Vedi inoltre P. GUICHONNET, Une version nouvelle de la formaiion du premier ministèro Cavour, in Rassegna storica del Risor­gimento, 1956, pp. 338-345.
2) Cfr. nel I volarne delle Lettere di Cavour edite dal CHIAMA, (p. 297) la lettera alquanto ingenua colla quale Balbo chiede l'appoggio a Cavour (30 ottobre 1852) e il diplomatico rifiuto che ne ebbe (lettera di Cavour a Balbo del 31 ottobre 1852).
S) Massimo d'Azeglio e Diomede Pantaleoni cit., p. 339.
*) Il dissidio dovette assumere talvolta forme assai acute so nel 1860 il re ebbe a dire al Castelli che solo la sua posiziono di sovrano gli aveva impedito di chiedere ragione a Ca­vour e che furon cose da coltello {èie), Cfr. Ricordi di Michelangelo Castelli cit., p. 129. Questo libro è stato pubblicato a Torino sin dal 1888, ed è veramente strano che per parecchi decenni gli storici abbiano ignorato la vera natura dei rapporti tra il re e Cavour.
5) Op. cit., p. 157.
6) Particolare interessante: I re prega il papa di braciere le lettera.