Rassegna storica del Risorgimento
CARLO ALBERTO RE DI SARDEGNA ; SARDEGNA (REGNO DI) ; STATUTI
anno
<
1958
>
pagina
<
37
>
Lo statuto albertino e Vavvento del regime parlamentare 37
la lotta al senato, il cui peso politico era ben maggiore che non più tardi, nel regno d'Italia. Né le infornate di nuovi senatori ne modificavano sostanzialmente la composizione. Il re resisteva e dosava le nuove nomine. *) Vittorio Emanuele che temeva il conflitto tra le due assemblee, arrivò sino a far pressioni sul senato perchè approvasse la politica del governo, 2* ma non rinunciò ad avere nella camera alta una maggioranza fedele. E fu proprio al senato che fu compiuto il maggior tentativo di abbattere il ministero Cavour. Non si vuole qui rifare la storia della crisi Calabiana. La vittoria del Cavour segnò il definitivo affermarsi del regime parlamentare. L'ondata di commozione che scosse tutto il paese impressionò prò fondamente il re. La stampa di destra, nella amarezza della sconfitta, gli mancò di rispetto. Ciò che dovette indurlo più facilmente a rassegnarsi.
Tuttavia le possibilità di ripresa del partito reazionario non erano scomparse. Le elezioni del 1857 stanno a dimostrare che la destra poteva ancora dare al re quella chambre introuvable che gli avrebbe consentito di riprendere la direzione effettiva degli affari. Solo con la guerra del 1859 il pericolo fu scongiurato. La vecchia destra piemontese ne uscì frantumata e, del resto, si ritirò spontaneamente dalla lotta.
Ma se nel regno d'Italia il regime parlamentare era fuori discussione, nel regno di Sardegna la polemica era stata viva sino all'ultimo. Ancora nel 1858, nella tornata del 16 aprile, a palazzo Carignano, il Cavour aveva affermato che in un paese dove si pratica lealmente il sistema costituzionale, quando un ministero si trova in dissenso colla maggioranza della camera elettiva sopra una questione politica, deve succedere necessariamente una crisi ministeriale. Una tale affermazione dopo la costituzione del regno d'Italia, sarebbe apparsa degna del signor de La Palisse.
Ma il re stette ancora a spiare le occasioni di ripresa. Nel 1864 congedò il ministero Minghetti, che se aveva contraria la più gran parte dei deputati piemontesi, dopo la convenzione di settembre, non si può dire che non avesse la maggioranza parlamentare. Quello del re, dopo che il sangue era stato sparso per le vie di Torino, parve un gesto di pacificazione. Ma in condizioni normali il congedare un ministero che avesse avuto la fiducia della camera, avrebbe avuto tutto il sapore di un colpo di stato.
Ma rimaneva pur sempre la formula dello statuto, anche se vuota di contenuto. E nel tempo in cui vi furono dei conati di governo reazionario, fu rispolverata. Nel gennaio 1897 in un articolo sulla Nuova Antologia un deputato, che si seppe essere il Sonnino, invocò il ritorno allo statuto. E per fare questa riforma, non occorre né alcun ritocco allo Statuto né alcuna legge, e tampoco alcun colpo di scena o atto di energia; ma basta che se ne persuada la coscienza pubblica . Vi era ancora una volta chi sognava una chambre introuvable . E venne persino il tempo in cui si arrivò a pensare che la lettera dello statuto albertino potesse essere una garanzia di legalità democratica. Dopo l'assassinio di Matteotti, quando la funzione parlamentare era venuta meno, vi fu chi sperò che valendosi dell'art. 65 dello statuto, il re congedasse il ministero Mussolini. Ma Vittorio Emanuele HI
non raccolse l'appello.
EMANUELE FLORA
JJ Cfr. F. COGNABSO, Vittorio Emanuele II, Torino, 1946, p. 85.
2) A. OMODEO, qp. c, voi. I, p. 191.