Rassegna storica del Risorgimento

1917 ; SOCIALISMO
anno <1958>   pagina <63>
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Il socialismo torinese ed i fatti dell'agosto 1917 63
in. tempo opportuno assumerà la direzione del movimento il Barberis e la Giudice opponevano la necessità di chiedere alla direzione del partito di decidere immediatamente il sabotaggio morale e materiale della guerra. Ma la divergenza di opinioni divenne aperta critica da parte del Barberis, che si era intanto dimesso da membro della direzione del partito, allorché pochi giorni dopo, il 27, in altro comizio egli attaccò la commissione esecutiva per la sua inazione, sostenendo che ai prossimi comizi gli operai dovevano venire con delle buone rivoltelle in tasca per attaccare la forza pubblica e snidare gli sbirri dai luoghi ove si fossero nascosti. L'Ercole, della federazione ferrovieri, aveva poco prima affermato essere meglio pel proletariato perdere 500 dei suoi uomini in una battaglia per la causa popolare che lasciarne sacrificare 10 mila contro i tedeschi nell'interesse della borghesia. L'uditorio era tanto eccitato aveva all'inizio ascoltato con scarso entusiasmo un discorso dot­trinario dell'ing. Romita sulla rivoluzione russa e sulla lotta di classe che un oratore, Vincenzo Pagella, intervenne ad esortare alla calma, ma il Rabez-zana rincalzava dichiarando che non bisognava più perdere tempo e che occorreva preparare l'insurrezione impadronendosi delle bombe che si fab­bricavano in gran quantità in Torino.1)
Il numero delle riunioni in cui vanno ripetendosi simili eccitamenti è in continuo aumento: il 29 maggio consiglio generale dei soci della camera del lavoro, il 31 assemblea dei metallurgici torinesi e di altre categorie, il 2 giugno conferenza privata di Francesco Ciccotti, il 9 assemblea socialista, il 12 riunione dei tramvieri e dei ferrovieri delle ferrovie secondarie, il 14 altra assemblea della sezione. Quello che più va rilevato leggendo i rapporti di polizia sulle riunioni o le notizie che le stesse fonti socialiste ne danno è che l'esempio della Russia è continuamente presente nei discorsi degli oratori socialisti: alcuni lo presentano semplicemente come una vittoria del prole­tariato, che si dovrà raggiungere anche in Italia, senza tuttavia indicare programmi concreti, altri al contrario affermano senz'altro che operai e soldati debbono al più presto fare come in Russia. Quale sia l'effetto di queste parole è difficile dirlo: pare comunque abbastanza evidente che in qualsiasi modo si parli della Russia, persino dai giornali interventisti, questa assuma quasi la figura di mito, ben presente alla mente degli operai, il mito di uno stato ultraconservatore che improvvisamente sotto la spinta delle forze popolari caccia la vecchia dinastia zarista col suo governo aristocratico e si veste di socialismo. Non importa se in Russia nel maggio 1917 operai e borghesi collaborano ancora, quello che più deve colpire l'attenzione dei popoli, a cui giornalmente si predica la pace dai socialisti, è il fatto che un popolo portato alla guerra dal suo sovrano ha costretto questi ad abban­donare il potere ed a cederlo ai rivoluzionari. E le masse torinesi oltre la rivoluzione russa vedono già l'affermazione del proletariato italiano, la scon­fitta della borghesia e la fine del conflitto: gli applausi tributati soprat­tutto agli oratori che dagli avvenimenti di Pietrogrado traggono ed au-
1) Le notìzie sul comizio del 27 maggio sono tratte dal verbale, steso in data 28 maggio da due funzionari di P. S. in servizio; copia di esso in ACST Guerra, h, 31 e riassunto in Sentenza, ciL, p. 9.