Rassegna storica del Risorgimento

1917 ; SOCIALISMO
anno <1958>   pagina <68>
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Alberto Monticone
damentale l'azione concorde dèlie classi lavoratrici per la cessazione imme­diata delle ostilità e rifintarsi di redigere le risposte al questionario del comitato di Stoccolma sulle condizioni di pace, perchè il proletariato non ha più bisogno di accademie diplomatico-storico-giuridiche. Infine si taccia di inopportunità il programma preparato dalla direzione del partito per il dopoguerra: esso appare infatti come una rielaborazione del programma minimo mentre le energie proletarie debbono essere indirizzate per otte­nere la fine della guerra e contemporaneamente l'applicazione dei pro­grammi del partito socialista, fino al limite che sarà possibile raggiungere alla forza stessa .
Simili affermazioni troveranno una eco naturale nelle parole del consi­gliere socialista Romita durante la seduta del consiglio comunale di Torino il 24 agosto, allorquando egli parlando dei moti in corso osserverà che il proletariato torinese, economicamente abbastanza ben retribuito, si muo­veva per motivi politici, ossia per opporsi alla continuazione della guerra. Sin da ora ci interessa osservare come le espressioni del Romita non fossero una difesa dei moti fatta per conto della sezione socialista quasi questa ne fosse l'organizzatrice, ma erano semplicemente una affermazione, chiara­mente coerente ai principi esposti nel programma di luglio, per porre sulla giusta strada le discussioni sui moti che andavano perdendosi nella ricerca delle responsabilità della crisi del pane. Paradossalmente potremmo dire che la sezione socialista torinese, nei suoi dirigenti, era tanto convinta della linea di attivo pacifismo propugnata nel programma del luglio che non scen­deva a compiere un moto di piazza come quello di agosto senza una precisa direttiva, poiché avrebbe cosi compromesso una azione regolata e realmente efficace; ma al tempo stesso comprendeva la natura politica di quel moto ed intendeva proseguirla pur proponendosi altri modi di attuare i propri scopi.
Mentre la corrente moderata riusciva con uno sfòrzo di apertura a rac­cogliere intorno al programma enunciato la maggioranza dei suffragi e ad esprimere quindi la nuova commissione esecutiva, di cui fu scelto a segre­tario politico il Romita, gli intransigenti decidevano di assumere il nome di rigidi , con cui già venivano indicati, per differenziarsi nettamente da tutti gli altri; in questo loro desiderio di distinzione essi ribadivano la loro assoluta intransigenza ispirata al principio della lotta di classe. Si nota, leggendo il loro ordine del giornoprogramma, a parte il preciso intendi­mento di scendere ad una rapida azione, la prevalenza degli spunti polemici, diremmo, locali sulle questioni di principio generale politico.
Dopo una netta condanna della tesi di non favorire né sabotare la guerra, i rigidi criticano la condotta della frazione riformista torinese per il suo atteggiamento nei riguardi delle commissioni esecutive a maggioranza rigida susseguitesi dal luglio 1915 al novembre 1916. Particolare ostilità si dimostra alla partecipazione di socialisti ai comitati di assistenza civile e di mobili­tazione industriale, dichiarandola la più aperta violazione al principio della lotta di classe e come la condizione la più pericolosa per asservire, con
1) Tale ordine del giorno è contenuto in un manifestino firmato Il Comitato della Gra­none - rigida * e datato 30 giugno 1917; trovasi in Procosso, fase. II, p. 14.