Rassegna storica del Risorgimento
1917 ; SOCIALISMO
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1958
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83
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Il socialismo torinese ed i fatti delVagosto 1917 83
attraverso organi e metodi legali far giungere al governo la eoa protesta, la massa è scesa in piazza nella illusione che la sua agitazione avrebbe ottenuto una notevole ripercussione nella vita politica nazionale, sperando insomma che la voce della città di Torino fosse più. valutata. Il rappresentante socialista trova appunto nello scontento di non poter far udire la propria voce e di non poter partecipare alle manifestazioni socialiste internazionali un altro movente della presente agitazione : La massa si è mossa per dei fatti semplici. La massa si è irritata perchè il Governo, il quale pure ha diritto e responsabilità di far la pace quando crede, di continuare la guerra fin che crede, non vuole nemmeno che i rappresentanti italiani vadano al congresso di Stoccolma. La massa dice: il Governo non solo fa quello che crede, ma non vuole che si vada a esprimere liberamente le nostre idealità, che si cerchi di far fuori quello che il Governo non riesce a fare. Questo è lo spirito animatore di questa agitazione . l)
Le parole di Romita sono naturalmente ispirate al personale attaccamento alla causa socialista e quindi a simpatia per gli operai torinesi; da esse e da tutto il tono del suo discorso si coglie comunque un chiaro sforzo di comprensione della situazione in cui si trova la parte politica avversa alla sua ed in generale la citta di Torino. Dalla sua richiesta di pronta restituzione del palazzo delle associazioni operaie alla sua normale funzione 1 perchè quello può servire come elemento pacificatore; 2 per poter rimettere in carreggiata quegli elementi direttivi che ora sono isolati , appare abbastanza evidente che egli e la sua frazione non hanno potuto controllare e tanto meno dirigere i moti; se vorremo quindi ben comprendere la ribellione delle barriere dovremo ricercarne le radici nelle convinzioni da tempo acquisite dagli operai, negli incentivi alla agitazione disfattista, nelle illusioni di una pace raggiungibile con azioni di forza, tante volte predicata nel corso di questo agitato e critico 1917.
Una volta che noi potessimo spiegare alla massa quello che crediamo, la calma ritornerebbe dice Romita; non sappiamo se la massa rientrerebbe subito nell'ordine, ma certo ci sembra di poter credere alla sincerità di questa affermazione. Un'ultima osservazione del rappresentante socialista è forse opportuno sottolineare, e cioè la sua critica al rigore della censura che, non permettendo neppure nella sola Torino la pubblicità delle notizie relative ai moti, favorisce l'eccitazione poiché ogni barriera crede, sentendo da persone autorevoli parlare di due o trecento morti, che nelle altre si siano verificati fatti ancora più gravi. Ed in effetti questo silenzio ufficiale non solo recò le conseguenze accennate dal Romita, ma permise poi ad una parte politica in anni più tardi di sfruttare i moti di Torino esagerandone grandemente il numero delle vittime oltre che svisandone i moventi.
Nonostante la moderazione delle dichiarazioni di Romita e la giustezza delle sue richieste di un intervento più energico del sindaco per una pacificazione, era forse ormai tardi e con gli autori di vandalismi e di violenze è impossibile trattare allo stesso modo che, come due giorni innanzi era ancora possibile, con degli operai, in agitazione sì, ma venuti alla loro camera del lavoro per una protesta organizzata. Il moto o si sarebbe spento lentamente
U Atti Sei Municipio di Torino, dt, p. 642.