Rassegna storica del Risorgimento

BIBLIOTECHE ; FALZACAPPA RUGGIERO (FONDO) ; CATALOGHI
anno <1958>   pagina <124>
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124 Libri e periodici
se non di rado, nella posizione, fede, agnosticismo, credulità. Probabilmente solo negli ultimi suoi anni (così almeno appare da una sua corta Réflexion d'un philo-se.pln>. , del 1793) ripudiò la credenza nel destino e si volse con fiducia a Dio, senza per altro essere convinto dell'immortalità dell'anima.
E pur tortuose e ambigue e disordinate son generalmente le sue idee politiche, attinte invero più ai libri che all'osservazione diretta della realtà. Tuttavia, attra­verso la sagace indagine dei suoi scritti sull'argomento fatta dal Bozzolo, e specie di quelli in cui l'avventuriero si esprime più liberamente, noi possiamo con suffi­ciente precisione comprendere qual fosse realmente la visione che egli ebbe della vita politica. In sostanza il suo atteggiamento fu di consenso razionale e di ripu­gnanza morale per la politica della ragion di Stato, che nel Discorso preliminare dell'Istoria delle turbolenze della Polonia, stampata a Gorizia nel 1774, è da lui ricondolta all'istinto di conservazione dell'individuo e della specie, ma cui l'uomo coopera senza averne coscienza. Il primo impero, a suo avviso, nacque dulia spon­tanea dedizione del popolo al monarca e non dalla sopraffazione di un desposta. Per lui l'ottima forma di Stato è pertanto la monarchia, ma a patto che il monarca sia soggetto alla legge. Ma a creare la grandezza del principe, ad avvalorare i diritti dello Stato e persino a innestare il bene nell'umani là è assolutamente necessaria la forza; la politica è essenzialmente potenza. Va, però, ascritto a suo merito l'aver guardato sempre con occhio benevolo al dispotismo illuminato per rilevarne le benemerenze, soprattutto nel campo produttivo, destinate a incrementare le ricchezze dello Stato e il benessere del popolo. Nell'età avanzata (come ne dà prova l'A.) si die ad elargire proposte e consigli, anche non richiesti, a governi illuminati e non illuminati (e da qualcuno fu chiamato a prestar l'opera sua, come dal duca di Curlandia e dall'imperatrice Caterina di Russia), certo di far cosa utile per il progresso e la felicità degli uomini.
Ma come non ebbe mente di politico per le sue interpretazioni non sempre coerenti e per le sue generalizzazioni per lo più arbitrarie, cosi, checché si dica, non ebbe punto mente di storico. Convien ricordare al proposito che in qualche sua opera e in alcune lettere manifestò apertamente il suo dispregio per la storia, perch'essa o nasconde la verità per prudenza o la maschera per passione: co­munque, ì suoi giudizi sugli accadimenti (come acutamente osserva il Bozzola) si informano quasi totalmente alla concezione individualistica o prammatica e son quasi sempre d'ispirazione moralistica e legalistica. Basterà qui accennare all'inter­pretazione ch'egli dette della rivoluzione francese: di un'esplosione di impulsi ciechi e ferini che avrebbe indubbiamente condotta la Francia, perchè ribelle a Dio e alla natura , alla piena rovina. Il suo pirronismo storico non lo trattenne tuttavia dal cimentarsi in lavori di una certa lena, com'è noto ; ma quale valore hanno essi? Son scialbi e monotoni, pieni di divagazioni che spesso non han nessuna pertinenza con il tema. I suoi famosi Mémoires , che alcuni critici si ostinano a definire singolare aintesi degli avvenimenti del suo tempo, interessano, si, perchè mettono in mostra alcuni aspetti della società europea settecentesca (benché egli subordini a sé tatti i personaggi); ma in verità hanno un andamento unicamente di cronaca esteriore e prolissa, priva compiutamente di ogni luce ideale.
E tanto meno ebbe mente dì filosofo, titolo cui egli ambì per tutta la vita. Non si può negare che possedesse vasta erudizione, somma facilità di assimilazione è vivacità Immaginativo, ma gli fecer difetto le doti per l'appunto più necessarie por fi filosofo, e cioè coerenza organicità disciplina del pensiero. Tutte le sue conoscenze di storia della speculazione erano affidate a letture frettolose e disordinate e per lo più malamente intese comi; no fan fede, tra l'altro, le sue aspre critiche alla logica sillogialica di Aristotile, le contraddizioni sull'interpretazione della dottrina lofciana, il travisamento del tempo e dello spazio kantiani, la condanna degli empi sistemi dell'Hobbes e dello Spinoza.