Rassegna storica del Risorgimento

CASTROMEDIANO (DI) SIGISMONDO ; SALENTO
anno <1958>   pagina <562>
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562 Aà* Vallòn*
MùhAmnpla l'W/ un operalo alla buona, largo di cuor* a esnaa pretooa oà ambizioni. Contento d'agni stato In ni { trova * certo ad carcere d'on BWÉ eoi gUorr, non par ai, na pai paca, soleva rp*w> esclamare; Non oeiiipro nati cori a. Por vecchie aderenze eon Cinatppe libertini accetto poscia la Idea repubblicane, ma posso assicurare ob*e il repubblicano piò. lunocanta e il meno Innocuo di quanti lo appio. Ama 1*1 ulta meglio dot molti che danno ad Intendere d'amarla* Qoaadn 1 giudici gU temerò la sentenza che lo condannava a vent'anni di ferri, al volse loro a di***: Spero di farne una buona porzione* ma ac non arrivo a tutti. Uscio n voi 0 mandato di compierli . Fu povero, ed ancor povero vivendo aaaai porcamente od oes-stamenie,
Cuoiano Medoro un altro operaio ma di buon senso ed arguto tultoccM eon fa* migb'a 11 cui sostentamento procaceinvan aolo le anc braccia, non tementi mai ae eteaao peli èva costanza. Nato a non laro il aarto e avesse avuto gU atadi opportuni pai MIO bell'ingegno, avrebbe fune peroona una carriera elevata. Oggi al pari del Verri pur ceo e povero, ed è pur esso uno fra 1 tanti dimenticati. I
Di Giot-aedhino Stampatxhia* del Pontarl e dal Filotico ho dotto. Di altri lo faro in seguito, di tutti dolente a non poter continuare che molto apano coti toglierebbero all'opera presente. AUeeto paro che tutti son carissimi amie mici, tutti degni d'un posto laminoso nella storia dei martiri della patria. Ida non pomo tacere di due, i mali ae con noi non apparvero nello eterno agabello dei giudicabili, fn perche lontani ia esilio. Sarebbe colpa non farlo, perché dopo divennero pld Qhiatri da quel ch'erano, chiari nei mondo politico e scientifico e pelle cariche eminenti occupate. Non debbo, perche le loro facevun parte delie nostre processore o pi deaignatamente della mia: intendo del de Dormo e del Mazzarella, vi
[ma., ce. 282S5]
Ma torno olla Corte pccùde. Si andavo n rilento, ed anche dopo l'orto d*aeenJo continuava la sosta. Pur di meno prima che si apriaaero le porte della pubblica discus­sione La giudizio era mestiere che gli accusati vonioacro oaìxuiti avanti a detta corte, cS6 che u appellava il costituto; cìo chiamati a presentar avanti a quei Giudici me­désimi, dai quali poscia dovevano coserò giudicati, ed cosarvi interrogati a riguardo dotte loro accuse. Detcrminato 11 giorno per tale formalità, C6 ne avvisarono antece­dentemente, e giunta l'ora stabilita vennero i gendarmi a toglierci momentaneamente dal carcere e condurci al Tribunale.
Vasto e sontuoso é fl palazzo di giustizia di Lecce, una Volta appartenuto ai Co-*uitt, scacciati i quali nel secolo passato, fu concesso ai Benedettini, che vi dirigevano un collegi di nobili giovanetti, Aveva una facciata, se non gastlgata, riccamente ar­chitettata e bell'ornamento della citta; ma di recente cangiarono con altra, la quale ben lungi dal dare l'idee, d'un pubblico palazzo, offre l'altra d'un gran mogozzino qualunque. Era la prima volta che il pubblico sapeva di poterci rivedere, ma se breve il nostro tragitto, non fu senza, aspettativa dei nostri concittadini, i quali ci attende* vano affollati lungo In strada che percorremmo, desiderosi di rivederci una volta e darci almeno colla loro presenza un'altra prova d'affetto. Tutto era stato preveduto accio si sfatasse ogni possibile dimostrazione; ma la dimostrazione era gii avvenuta ordinata dignitosa e inappuntabile col tacito contegno d'una folla compatta e ramma­ricata, col serio aiuto dello scoprirsi Q capo, colle lagrime sgorgate dagli occhi dello Signore affacciate ai balconi. I nostri nemici ne fremevano ma nulla potevano opporre, so non segnare altri attendibili nei loro libri tenebrosi. Fra i leccesi, come da per tatto v'eran dei malvagi, e con taluni già ci siamo incontrata; ma Io gran parte é di generosi, che volentieri simpatizzano cotta causa detta sventura. La ditneotrazioue adunque si compiva cotto sboccare da ogni angolo di via ondate d'ogni classe di popolo, col lasciare che facevun gli operai la officine e colla simpatia che per noi da ogni volto traspariva. In mezzo a un tal trionfo salimmo le scale a raggiungete l nostri giudicanti eli vedemmo seduti al loro posto. Ad uno ad uno ciascuno di noi chiamati atta loro presenza, ci ri-