Rassegna storica del Risorgimento

CASTROMEDIANO (DI) SIGISMONDO ; SALENTO
anno <1958>   pagina <565>
immagine non disponibile

21 Risorgimento talentino napoletano 565
altro me * commoaai. Né mi adonto d quatti lagrime, peieba la *ui non cren sprc-tatti* da debutai**, QM dui sentimento di gratitudine dal piacerà di sanarmi ancora amato. In fatti dopo tal sentii più sollevato 0 cuore e capace di ascendere tranquillo 0 Calvario, gii per nto addivenuto sgombro di ogni pota.
Dopo gli avvocati la parola fu concessa a chiunque degli acculali U richiedeste. La olla pai primo Stamparcela, 1 quale con arano a dignità, con prore di latta e dritto, con ragionamenti meditati ad inoppugnabili bellamente esposti rovesci te accuse lanciategli contro, e tali che dal pubblico ridento colse simpatici aegni di appro- orione Segui dopo* lui Io Schiavoni, D quote con animo fiero o frani incisive Ceri tal mente ebe Io me parola parevano spada che taglia. Dalla tenebra fece nascere la luca, e dimostro la aoa non eaaere altro ebe canea di private vendette. Di noi detti 1 giudici talvolta impallidirono e gli uditori snrridcvan di compiacenza. Fui perciò riducilo a difendermi. Risposi: a Che e le ragioni eon ragioni baatavan quelle del Ruggiero . Teano ultimo il Brunetti, l'improvviautore estemporaneo.
Salvatore Brunetti insieme al Bortone al de Simone ed altri erano stati accusati quallufraiiori dei ritratti reali nella COBO del Comune. A meglio intenderò le parole del Brunetti ebe arò per riportare 0 uopo ebe ricordi come il Bortone foeee l'unico sostegno d'un padre vecebio e del reato di sua famiglia. Quel ano padre, figura deso­lata e veneranda veniva ogni di nella ala della discussione ad attendere, poggiato ta palla al muro e le mani ad un bastone, ansante e tremante della aorte del suo caro figliolo. Il pubblico aapava ebe i quadri li ruppe la plebe e non altri En un momento di degno, sapeva ebe ne fi Bortone, né gli altri tuoi coaccusati in quella scena fono non ama neppure presenti, e sapeva pure ebe il Brunetti mancava, e ebe solo a tarda ora di quel giorno tornava da Napoli.
[.a*, ce. 339-55}
Ma giacche toccai di questa circostanza e accessorio tornare un momento indietro a spiegarla e nel contempo sgombrare la mia coscienza da un falso giudizio da me concepito, e da una velleità ebe turbo non poco la mia mente, e ebe se in queste carte trascurassi quella velleità potrebbe fono addivenire anebo dolore. A spiegar tatto prego il lettore di rammentarsi di quando UCocebia,ad eliminar ogni ostacolo al pronto Iprocedimento della nostra causa, seppe insinuare U veleno della fretta nel cuore dei mici compagni giudicabili, e come questo veleno ci divise in due partili, quello di trattare al più presto i giudizi e l'altro di procraatiaarli Q pia ebe ai potesse. D primo era della maggioranza e aostcncvalo lo Stampacchla, il secondo detta minoranza e v'era io pel mezzo. Il dbridio duro alcun mese, e lo scioglimento della quistione piò che di altri trovavari in mio podere, e scioglier ai poteva sol quando avesse rinunziato Ha testimonianza d'un ungherese, capitano di bastimento mercantile, ebe per caso venuto in Lecce mi avea conosciuto, e che pienamente poteva riferire dei miri fini e delle mie intenzioni. Il capitano fra tanto non veniva, ed io insistevo che venisse. Alla mia oetinazione i concaptivi giunsero ad accasarmi di crudeltà, asseverando che Io solo per capriccio manienevali in prigione, togliendoli atta libertà promessa ed atta famìglia, a Eh no, finalmente esclamai, non voglio che ciò aia più ripetuto. E rinunciai all'istante atta testimonianza ungherese. Una tale rinunzia fece pur pungolar di gioia il Procurator generale Chicco, de] quale era pure un vivo desiderio. E la causa prosegui e il fine Io vedemmo; ma un certo rancore s'ingenerò in me dal momento in cui fui con-dannato contro il mio amico Stampaechia, propugnatore del partito detta soUecitu-dine. e che osai fin dal primo momento tenere ed accusare cagione del mio disastro; rancore ebe non si spense eotte gentilezze che da lui mi venivano, e che s'accrebbe quan­do I ferri m'inchiodarono i piedi netta galera. Che anzi da quel luogo scrissi più lettere confermandolo autore di quella dura sorte! Meschino me! E fui tanto ingenuo da ero­dere che ta causa da me per poco arrestata da] mio ostacolo non avrebbe avuto il suo corco? 11 volere di ehi comandava s'era già pronunziato, e pia nessuno poteva rapirmi al aio destino. DÌ quella mia velleità, di quel mio falso giudizio io son pentito* e più