Rassegna storica del Risorgimento

UNIVERSIT? ; ISTRUZIONE PUBBLICA
anno <1958>   pagina <595>
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Autonomia e cvnfroiiuasfoTM degli studi superiori 95
I fedeli delle economie 0 del pareggio non potevano che veder mele lo sperpero deiscente de UBA ventina di università grandi e piccole, pareo in ogni angolo d'Italia, male organizsate, circondate di istituti speciali ten­denti a supplire alcune loro carenze, " Spesso, di conseguenza, una pur grande propensione per la libertà degli studi e degli insegnamenti, una pur vigile diffidenza verno l'eccessivo centralismo, non bastarono a trattenerli sulla strada dell'abolizione delle troppe antiche aedi universitarie e del generale riordinamento accademico. Già nel *64 la motivasione economica fu alla baso del pensiero dell'Amari quand'egli rilevo che per lo innanzi noi ave­vamo parecchi centri politici, ciascuno dei quali era dotato alla meglio di un'università. H troppo numero da una parto e dall'altra, i progressi che hanno (atto in questi aitimi tempi ic scienze, ci mettono oggi nella condizione che mancano gli uomini, mancano i mezzi pecuniari di tener le nostre università al livello della scienza . 1 Domenico Berti, campione della pia grande libertà degli studi *. ogni senso, quando propose, nel disegno di legge del 28 dicembre 1866, di concedere alle provincie e ai comuni hi facoltà di creare nuove uni­versità, non ebbe invece neppure la soddisfazione di un esame da parte degli uffici parlamentari. via via negli anni seguenti alle commissioni del bilancio si alternarono il Minghetti e il Mcssedagha, osservando il disor­dine esistente, proponendo l'uno che si favorissero le a università libere in veste-di-enti morali,3! l'altro che non si facesse affidamento sugli enti locali a sostegno degli istituii superiori, *) ma entrambi partendo dall'ovvia con­statazione del numero eccessivo di essi. 11 Correnti fu il più esplicito e preciso, allorché ebbe a scrivere nel *66 per la Commissione dei Quindici in favore di un unico istituto scientifico superiore a carattere nazionale che lasciasse resistenza di altre università alla iniziativa locale e privata. 1 Ha il mini­stero Henabrea, quando sopravvenne, nel suo grigio conservatorismo, non essendo portato a sviluppare- le cose in questo senso e coltivando piuttosto istanze municipalistiche di origine reazionaria, non fece alcuna mossa per una riforma delle università. il ministro dell'istruzione di quel tempo, Emilio Broglio, si fece notare non certo per idee nuovo od organiche, ma quasi soltanto per la severità di un nuovo regolamento generale, che pareva ricalcate quello del Matteucci.
Toccò poi ancora una volta al Correnti di portare all'ordine del giorno il problema universitario, nella pia fattiva atmosfera del gabinetto Giovanni Lonza. Fa lai accanto al Sella, fra il '69 e il *70, a proporre nella commissione delle economie che il bilancio fosse alleggerito sia mediante la soppressione delle facoltà teologiche, aia mediante l'autorizzazione al governo di abolire quelle facoltà universitarie nelle quali durante gli aitimi nove anni non vi fosse stato un numero di studenti almeno otto volte maggiore agli insegnanti. Avvertiva di non volere né potere proporre un generale riordinamento o
0 La parta del bUaacfs Osila V. I. abdicata alla Isu asfalto supcriora toccava fra i S e assaso i 6 Bilioni, sa cirea 15 milioni di (atto il dicaatero.
3) Discorso conclusivo alla diacnssioao sol fili sodo della Cassata de Dopatati, riportato la EffmmrrW, 186*, a. 194, S giugno,
?) JTstasi awfff* r-r 1 r v.''rin 1867-69 a 3 G (rei**urne 21 Sagao 18*7) i) lìicamf Carica. La*. X. Sesskaa 1867-69, a, 169 F (celarioao 1* febbraio 1869), S) Jtelasiona 2 aprilo 1866, contenuta ad 3* vnliima, p. 139, desìi Seria1 seaU di Cassa* Coasjom.