Rassegna storica del Risorgimento

1849 ; MAMELI GIORGIO
anno <1918>   pagina <605>
immagine non disponibile

U contrammiraglio Giorgio Mameli mi 1849 605
ignaro del destino, in quel giorno stesso Goffredo dava rultimo respiro dalla giovine sua bocca Quasi che fosse stato chiamato da una voce ben nota al suo orecchio, Giorgio Mameli si accingeva ad andare a Roma, ohimè, quando suo figlio era già divenuto una delle più roman­tiche e splendenti figure del nostro risorgimento. La speranza che lo sorreggeva d'arrivare alla città imperiale, non solo pei* poter confor­tarsi nel vedere ed abbracciare il figlio, ma pur per poterselo condurre seco alla sua Genova che lo bramava, alla sua famiglia che implorava dal cielo la possibilità di riaverlo, dava ali al suo desiderio, lo affret­tava con la mente a superare la distanza che lo separava da lui. E questa speranza gli si rafforzò nell'anima, allorché giunto a Livorno, seppe da alcuni viaggiatori, venuti da Civitavecchia ma provenienti da Roma, ehe Goffredo migliorava. Con un biglietto da Livorno del­l' 8 luglio s'affretta a partecipare la lieta novella alla moglie, perchè essa n'abbia una pausa al suo martellante dolore.:
Intanto il nostro contrammiraglio è di nuovo in mare col Lom­bardo; arriva a Civitavecchia; s3 incammina per Roma; colà giunto, superate alcune difficoltà derivanti dallo stato di guerra, riesce ad entrarvi. Direttamente va da un suo congiunto, il conte Giacomo Mameli, che aveva di già assistito Goffredo nell'ospedale dei Pelle­grini, per poter seco lui, pratico dei luoghi e perchè persona cono­sciuta nella città, aver agio di subito abbracciare il suo Goffredo. Dai conte Giacomo apprende la cruda verità ; apprende anche che i resti mortali di suo figlio son deposti nella chiesa delle Stimmate.
Giorgio Mameli, corso a Roma per rivedere il figlio, s'inchina invece sulla sua "tomba. Soldato, egli sa con austera compostezza sop­portare il fiero colpo della sventura. Patriota, egli sa comprendere la necessità dei grandi olocausti per la difesa dell' idea nazionale. Ma se la parte umana del suo spirito è nel più cupo cordoglio, soldato, non sa rinunciare a visitare il campo di battaglia sul quale il figlio ebbe la gloriosa ferita, che lo trasse a morte. E la scena di sn dal Giani-colo gli apparve in tutta la sua maestà e tristezza. La maestà del fiero combattere senza riguardo al numero del nemico ; la tristezza delle vite immolate o mutilate, senza che tanto sangue sparso desse alle nostre armi la corona della vittoria. Solo la vittoria dell' idea splendevagli innanzi alla mente. Allora, quasi a compenso di non aver potuto giungere in tempo per abbracciare il figlio nel suo letto di dolore, si m a visitare gli ospedali, ove gli altri combattenti per la difesa di Roma giacevano infermi. Fra costoro visitò Nino Bixio, che fu amico intimo del figlio, compagno d'armi sul Gianicolo, compagno nella medesima sala dell'ospedale.