Rassegna storica del Risorgimento
1849 ; MAMELI GIORGIO
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1918
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Gonni
Ma non tutti i genovesi feriti nelle giornate della difesa di Roma ebbero le cure ed i conforti dell'assistenza fraterna. Molti di loro, sia per la deficiente organizzazione ospitaliera della città, sia perchè lo straniero, impossessatosi dei luoghi di cura, li utilizzò pei propri feriti, ne vennero cacciati. Non trovarono neppure posto in quell'Ospizio di ricovero dei genovesi, esistente in Roma fin dai tempi andati dell'antica repubblica di Genova!
Questa dolorosa constatazione fatta da Giorgio Mameli, gli suggerisce, allorché fra breve sarà ritornato in patria, di scrivere al Municipio di Genova, a nome suo e di altri deputati del Parlamento subalpino, la invocazione seguente:
Tll.mo Signor Sindaco,
La maggior parte dei membri componenti il Parlamento nazìo- naie porgono le più vive preghiere alla S. T. Ill.ma ed a tutto il HSorpo municipale di Genova, affinchè si compiacciano usare della loro influenza, onde l'Ospizio di ricovero dei Genovesi, esistente a Roma, possa servire di ricovero ai feriti nostri confratelli, stati seac- ciati barbaramente dagli Ospedali.
Io unisco le mie preghiere a quelle dei miei colleghi deputati e mi rinnovo con distinto ossequio
G. MAMELI ?
Prima però di ritornarsene a Genova, prima d'abbandonare quel triste soggiorno romano, se è costretto a lasciare la salma di Goffredo nella chiesa delle Stimmate, ' voleva riprendere, per portarsela seco, la spada colla quale cadde il figlio. Spada doppiamente cara a lui in quanto che era quella medesima elle egli stesso impugnò nel 1825 all'assalto di Tripoli. Voleva recare con sèil simbolo della tradizione militare della propria famiglia.
Presentatosi al generale francese capo della spedizione - cosi in alcuni frammenti di memorie lasciò scritto Giovanni Battista Ma-
1 Una Commissiono composta dal generale Avezzana di 3Sìcola Eabrisd, Imigi MicelT, Franoeaco Cuochi, Raffaele Giovagnoli, Agostino Bertani, Michele Amadei, -superstiti eminenti della nostra rivoluzione nel 1872. con solenni onoranze trasferirono con corteo imponente lo ossa c Goffredo dalla chiesa delle Stimmate a Campo Vei'ano, il cimitoro di Roma. In quella circostanza il Governo permise ohe si suonasse l'inno ai Mameli, per tenfanni stato vietato di suonare in pubblico. Quell'inno e quel corteo parvero una risurresaone. Roma, divenuta di latto capitale d'Italia, onorava pubblicamente L'eroe repubblicano che per essa era morto.