Rassegna storica del Risorgimento

FARINI LUIGI CARLO ; GIORNALISMO
anno <1959>   pagina <59>
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Il problema italiano nelle corrispondenze di Luigi Carlo Farmi 59
tenti. Direte che non vi ascolteranno? Ohi quando vuole l'Inghilterra sa farei ascoltare .
Ma il governo inglese non voleva farai ascoltare, e peraltro gli avvenimenti stavano incalzando. Appare curioso quanto Farini scriveva il 31 dicembre, quasi alla vigilia della tensione internazionale che prenderà l'avvio dalle famose parole di Napoleone IH a Hiibner e dal discorso della Corona del 10 gennaio: Non più voci di guerra imminente! esclamava, e celiava su quello che il Re avrebbe detto nel suo discorso: Sento dimandare: ohe cosa dirà mai il Re nel discorso della Corona? Guerra o pace?... Il discorso sarà... un discorso- della Corona. I miei ministri vi presenteranno leggi importanti per allargare gli ordini amministrativi e per continuare le riforme che assicurano il lento ma continuo progresso ecc. Nello Stato tranquillità inalterabile. Colle potenze estere bene al aolito.., quasi con tutte. Avevamo una controversia con Napoli: pe' buoni uffici della nostra buona alleata la Gran Brettagna ottenemmo la restituzione del Cagliari.
Coli'Austria (dirà una potenza vicina) siamo sempre... sicut erat. E sicut erat il resto d'Italia... continueremo a fare il nostro dovere, rispettando il diritto di tutti, e difendendo il nostro, e non dimenticando i doveri che abbiamo verso la comune patria italiana .
Quanto son temerario! Tiro a indovinare che cosa dirà il Re! Chi sa che non c'indovini! Vi manderò poi il discorso, e se avrò sbagliato, farò ammenda della mia temerità! .
Così il nostro uomo scherzava per nascondere il fuoco. Egli, però, si sottrarrà alla promessa pubblica ammenda , astenendosi per ben quattro mési dallo scrivere sulla rivista inglese.
L'ultimo lunghissimo articolo un. vero e proprio saggio del 23 aprile 1859 fu scritto il 14 nel vivo del lavorìo diplomatico per convocare un congresso che evitasse il conflitto. Farini, nell'ambito della politica cavouriana che vedeva nel congresso la liquidazione delle speranze piemontesi, si provava naturalmente a convincere gli inglesi che un congresso diplomatico sarebbe stato impotente a risolvere la questione italiana. Non aveva infatti senso voler applicare i diritti di legittimità del 1815 poiché dopo di allora avevano sempre trionfato i fatti compiuti. La diplomazia avrebbe però potuto obbligare gli stranieri a ritirarsi dallo Stato pontificio, il Re di Napoli a ripristinare lo statuto, i ducati e la To­scana ad annullare i trattati e gli accordi con l'Austria, e questa a concedere l'autonomia amministrativa al LombardoVeneto. Erano, presso a poco, le proposte di Cavour contenute nel Memorandum sardo all'Inghilterra del 1 marzo 1859. 2) Ma come Cavour aveva aggiunto che tutto questo non poteva che costi­tuire un palliativo, anche Farmi, e in un modo più esplicito, veniva a dare rilievo allo stesso concetto: Supponiamo che tutti si accordino sui capitoli qui sopra accennati. Sarà quieta l'Italia?
') Quanto poco Farmi credesse a ciò che scriveva si ricava anche dalle annotazioni di GIUSEPPE MASSARI in op. et*., p. 99, in data 31 dicembre 1858: Più tardi incontro Farmi per istrada. Egli è persuaso che non c'è tempo da perdere, che si deve far presto, e che il momento non potrebbe essere più. opportuno. Crede alla guerra .
2) V. in FRANCO VALSECCHI, op. ci*., pp. 364-75,