Rassegna storica del Risorgimento

SALVEMINI GAETANO
anno <1959>   pagina <65>
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Salvemini e la stona del Risorgimento 65
blemi. ha mostrato un metodo: tocca allo storico di seguitare la via, superando il punto di vista parziale dell'uomo politico . Malgrado eerte connessioni troppo immediate tra determinati atteggiamenti politici e le loro radici di classe, il volumetto del Salvemini era, come è stato notato, il primo esempio di una indagine sulla composizione sociale delle formazioni politiche italiane 2) dal Regno d'Italia al '98. Esso sfatava tutta la mitologia risorgimentale ormai canonizzata, additando la necessità di ima più approfondita indagine del com­plesso gioco delle forze politiche ed economiche nel Risorgimento; presentava all'attenzione degli storici gli scritti del Cattaneo, invitava, per la prima volta, a studiare il socialismo risorgimentale: quel libriccino iniziava la revisione democratica della storia del Risorgimento .3)
IN'el 1904 il Salvemini pubblicò imo studio che, pur nella sua brevità, riveste un notevole interesse perchè permette di seguire da vicino un'evoluzione che era già in atto nella sua visione del Risorgimento. Nell'articolo su II generale Pianeti nella crisi napoletana del 1860, *' egli si propose di esaminare e il processo psico­logico della evoluzione del Pianell dal vecchio al nuovo regime (p. 4 dell'estratto). Anche qui, come sempre, il Salvemini era mosso sostanzialmente da un pro­blema morale: si chiedeva infatti se il generale borbonico, rifugiatosi in Francia quando la situazione era precipitata e passato poi a offrire i suoi servigi al nuovo Stato unitario, dovesse o no considerarsi un traditore. Ma i suoi giudisi hanno acquistato una maggiore serenità, e la chiarezza abituale conosce ora anche il sottile gioco delle sfumature. Il Pianell gli appare soprattutto un militare che pensa ma obbedisce, tenendo la sfera dell'azione completamente distinta da quella del pensiero; psicologia complicata, contradittoria, in certi momenti addirittura incomprensibile ma non priva di una certa grandezza morale (p. 7).
Leggendo tra le righe di alcune lettere sembra giustamente al Salvemini di scorgere in lui un'inquietudine morale prodotta dell'intima convinzione che il torto non stia tutto dalla parte degli insorti. E nel '59 il Pianell si accorge ben presto che l'inerzia e il disordine governativo frenano e paralizzano ogni possibilità di resistenza, né nasconde al re le sue impressioni: ma, lungi dal-l'ottenere risposta, comincia ad essere guardato da alcuni con sospetto, come un funzionario la cui fedeltà sia dubbia. Accetta, come per un dovere di fedeltà militare, di far parte di un ministero alle cui possibilità crede assai poco. Mal­grado questo, le sue iniziative sono ostacolate e sabotate, quando addirittura non lo si sospetta di tradimento. Solo quando è convinto dell'inutilità di ogni ulteriore sforzo volto a salvare una situazione ormai disperata, parte per la Francia. Un tempo l'unità d'Italia, più che non essere da lui politicamente o idealmente avversata, gli era parsa un'utopia, un insieme di ragionamenti troppo sublimi . Ora essa è diventata realtà. Nulla vieta quindi che, caduta definitivamente la dinastia borbonica, egli possa aderire, a titolo di militare probo e leale , al nuovo ordine legale proclamato e riconosciuto . Così le sue vicende appaiono al Salvemini guidate da una logica coerente: egli esclude quindi che si possa parlare di tradimento. Non per questo, però, malgrado una certa umana simpatia per il personaggio, il Salvemini era disposto ad accogliere
*) A. ANZILOTTI, Moviménti e contratti per l'Unità italiana. Bori, 1930, p. 243.
2) W. MATWU, op. cit., p. 259.
*) P. Preni, op. eù p. 99.
4) In Atti della K. Accademia Pelaritana di Messina, XIX (1904), pp. 109-137.
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