Rassegna storica del Risorgimento
SALVEMINI GAETANO
anno
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1959
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pagina
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69
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Salvemini e la stona del Risorgimento 69
suoi seguaci? quale (unzione politica nella realtà storica esercitò? (>. 95)* A questi interrogativi il Salvemini cercò di rispondere nella seconda parte del volume. ÀI Mazzini, spesso ignaro delle reali condizioni italiane, troppo fiducioso nelle possibilità rivoluzionarie delle popolazioni e dispregiatore, al contrario, delle pur necessarie iniziative diplomatiche, era mancata la capacità di concretare le proprie aspirazioni unitarie in un grande moto politico: E se Garibaldi non fosse stato il braccio del partito unitario, come Mazzini ne fu la mente, se Cavour e i suoi successori, stretti intorno alla monarchia sabauda con tutto il partito conservatole, non fossero intervenuti volta per volta,'sia pure a confiscare per sé gli effetti del moto unitario, ma nello stesso tempo a consolidarli e a procurare ad essi la sanzione delle diplomazie spaventate e riluttanti, sarebbe assai arrischiato dire se e fino a qual punto l'apostolato unitario mazziniano avrebbe potuto assumere forme concrete e tradursi da pensiero in realtà (p. 149). Ma, detto questo, il Salvemini riconosceva che fu suo [del Mazzini], non di altri l'ufficio di creare... quella preparazione psicologica donde scaturirono nel 1859 le annessioni dell'Italia centrale, nel 1860 la spedizione dei Mille, nel 1862 e 1867 Aspromonte e Mentana: donde è scaturita, in una parola, Punita d'Italia (p. 152). E lo stesso repubblicanesimo mazziniano, in più occasioni subordinato all'ideale unitario, apparve al Salvemini come un aculeo inflessi-sibile nei fianchi della Dinastia sabauda, [che] la sospinse senza tregua sulla via dell'unità, facendo coincidere le necessità dinastiche con le necessità nazionali (p. 186).
Una parte a sé, molto interessante, del libro, era quella costituita dall'ultimo capitolo e dalle tre appendici aggiunte nelle ultime edizioni. In essa il Salvemini si propose di esaminare un problema che era allora al centro di numerosi dibattiti tra storiografia e politica: quello dei rapporti tra mazzinianesimo e socialismo. 2) E anche in questo, come in altri campi di ricerche, il Salvemini fu veramente un iniziatore: le pagine delle tre appendici, sulle idee socialiste in Italia tra il 1815 e il 1860, dagli utopisti del secondo Settecento al Buonarroti, ad Andrea Luigi Mazzini, Montanelli, Ferrari, Pisacane, sulla diffusione del mazzinianesimo nei vari cela sociali e sulla paura del socialismo, erano ricchissime di spunti e suggerimenti che altri avrebbero ripreso con grande efficacia (basti pensare a un allievo del Salvemini, a Nello Rosselli). E se è vero che la storia del movimento socialista si è poi rinnovata e rinvigorita per il premere dei nuovi problemi posti dalla presenza nella vita politica italiana di forti partiti socialisti e comunisti, nonché per un rinnovato interesse filosofico al marxismo, non è- per questo meno certo che al Salvemini va il merito di aver indicato per primo l'importanza di tali studi e di averli iniziati attraverso le proprie ricerche e la propria attività di Maestro.
Esaminando i rapporti tra il Mazzini e il nascente socialismo, il Salvemini vide come la predicazione mazziniana fosse servita per lungo tempo ad elevare una diga contro il diffondersi precoce delle idee comuniste, facilitando quella che era la necessità dell'ora storica: la concordia di tutti gli uomini d'azione contro i nemici esterni e interni per l'acquisto dell'unità (p. 184). Questo giudizio è assai notevole perchè mostra la diversa posizione del Salvemini autore del Mazzini da quella dello scritto sui Partiti polititi, nel quale si era notata
]) Cfr. E. TACMACOZZO, up. rit., pp. 65-69.